“Non ho visto chi mi ha sparato”: la vittima del tentato omicidio di Nardò parla in aula

Ad ogni modo, il pm Stefania Mininni potrebbe chiedere di procedere, nei confronti di Gianni Calignano, per “falsa testimonianza”. L’agguato risale al 16 maggio del 2016, quando il 28enne di Nardò venne raggiunto da un colpo d’arma da fuoco.

Tribunale

Udienza cruciale del processo sul tentato omicidio, nel pieno centro di Nardò, del 16 maggio di due anni fa.
In mattinata, dinanzi ai giudici della prima sezione penale ( Presidente Gabriele Perna ) è stato ascoltato come teste della pubblica accusa, la vittima dell’agguato.
Il pubblico ministero Stefania Mininni ha chiesto anzitutto a Gianni Calignano se conoscesse gli autori dell’agguato a colpi di pistola. Il 28enne di Nardò, incalzato dalle domande del pm, ha dichiarato di non sapere chi gli abbia sparato. Inoltre, ha affermato di non ritenere responsabili dell’attentato gli odierni imputati.
Non solo, Calignano ha negato aver visto gli autori del tentato omicidio, poiché, secondo lui, sarebbe stato sparato da dietro, e non frontalmente. Dunque, non avrebbe avuto modo di vedere in faccia l’attentatore.
Ad ogni modo, il pm Mininni potrebbe chiedere di procedere, nei confronti di Calignano, per “falsa testimonianza”.

Sul banco degli imputati del processo in corso compaiono, oltre a Francesco Russo, 65 anni, anche il figlio Giampiero Russo, 28 anni; Giuseppe Calignano, 28enne tutti di Nardò; Angelo Caci, 48 anni detto “Zio Angelo”, originario di Gela, ma residente a Novara; Rocco Falsaperla, 45enne di Gallarate; Evilys Pimentel Roque, 45enne di origini cubane, ma residente a Villa Convento.

L’episodio principale dell’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Stefania Mininni e dal procuratore antimafia Antonio De Donno, è l’agguato del 16 maggio del 2016 ai danni di Gianni Calignano, raggiunto da un colpo d’arma da fuoco in pieno centro a Nardò. Il 28enne si sarebbe intromesso in dinamiche estorsive che non lo includevano, nel ruolo di “protettore”.

Francesco Russo e Angelo Caci, rispondono delle ipotesi di reato di “tentato omicidio in concorso aggravato dalle modalità mafiose” e di “detenzione abusiva di arma da fuoco”. Invece tutti gli imputati (ad esclusione della 44enne cubana) devono difendersi dall’accusa di “tentata estorsione continuata in concorso e aggravata dalle modalità mafiose”. La sola Evilys Pimentel Roque risponde di favoreggiamento personale per aver aiutato i due Russo e Caci a sfuggire alla cattura dopo l’attentato a Calignano.

Fondamentali ai fini delle indagini, condotte dai carabinieri del nucleo investigativo di Lecce assieme ai colleghi di Nardò e Gallipoli, le dichiarazioni della vittima della tentata estorsione.

Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Alberto Paperi, Francesca Conte, Giuseppe Corleto, Tommaso Valente, Luigi Corvaglia, David Dell’Atti, Stefano Pati, Francesco Risi e Davide Vitali.



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