‘Un rustico, grazie!’ ma il conto è ‘salato’: venduto a 5 euro in un noto lido di Gallipoli

Rustico leccese venduto a 5 euro in un noto lido di Gallipoli. Lo Sportello dei Diritti invita alla prudenza: l’unico strumento in mano ai consumatori contro comportamenti speculativi di questo tipo è l?informazione (anche col passaparola sui social)

Solitamente la domanda è una delle variabili che influisce sul prezzo, ma quanto accaduto in un noto lido di Gallipoli non ha nulla a che vedere con le logiche imposte dall’economia o dalle strategie di marketing. Sta girando da qualche giorno, sui social network, una immagine inequivocabile che dimostra il meccanismo (sbagliato) che si innesca quando in una delle località balneari più in voga del Salento vi è un’esplosione della richiesta di un determinato bene. “Esplosione” che sfocia in una vera e propria speculazione.  
   
A far gridare allo scandalo è un tipico prodotto della rosticceria locale, il rustico, venduto nientemeno che a cinque euro. Assaporare il gustoso disco di pasta sfoglia ripieno di pomodoro, mozzarella e besciamella delle dimensioni di un pugno della mano, in bar e rosticcerie ‘normali’ costa, alle tasche del consumatore un euro, un euro e cinquanta, nei più esclusivi locali massimo due euro e cinquanta. Ma che in uno dei più noti lidi della “Città Bella” sia venduto a 5 euro è intollerabile per lo Sportello dei Diritti che ha ripreso la denuncia del popolo del web. La foto che circola non lascia spazio a dubbi: l’indicazione che si legge sulla vetrina riscaldata, posta in bella vista sul bancone di uno dei chioschi sul mare più famosi, parla chiaro “Rustico leccese € 5,00”.
  
Insomma, l’opinione del Presidente Giovanni D’Agata e di moti utenti è che ‘qualcuno’ abbia voluto approfittare del fatto che il turista, attratto dallo sfizioso prodotto tipico, probabilmente non conosce il “prezzo locale di mercato”. Inoltre, trovandosi vicino al mare è impossibilitato a fare un rapido confronto e cede, magari perché è affamato. «È questa la logica esasperata del profitto che costituisce anche un’antitesi al marketing territoriale – si legge nella nota a firma di D’Agata –  perché poi il turista, smaltita l’euforia dell’acquisto, capisce la “fregatura” del prodotto tipico venduto come oro, ma anche una speculazione che non trova giustificazione se non solo e soltanto nella ragione dell’utile economico elevato alla massima potenza di quelli esercenti che comprendono le tendenze, le sfruttano e che però vengono legittimati quando la massa si adegua e compra».
  
Ecco perché per il presidente dello “Sportello dei Diritti”, l’unico strumento in mano ai consumatori contro comportamenti speculativi di questo tipo è il “non comprare”, se il prezzo si mantiene su livelli ingiustificati rispetto a quelli normalmente praticati in zona, e l’informarsi anche attraverso il passaparola: i social network, come Facebook in questo caso, possono darci una grossa mano perché manifestano eloquentemente anche l’indignazione degli avventori. Basta leggere i commenti.



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