Giorno 28 per Davide, arrivo alla meta: ecco Capo Nord

Un giorno importante per il nostro amico che ha intrapreso il suo lungo ed emozionante viaggio verso Capo Nord. Una conclusione da mozzafiato.

Amici miei, finalmente ci siamo: è il grande giorno, per me. La strada era lunga, non c’era fretta di arrivare, anche perché il sole non tramontava e avrei potuto guidare anche di notte, ma preferivo arrivare nel tardo pomeriggio. Ero contento, ero emozionato, ogni tanto avevo i brividi; il più delle volte guardavo il paesaggio, le alci, i fiumi, i fiordi, e ripensavo a chi mi ha accompagnato in questo viaggio, a tutti i passeggeri che ho ospitato, a chi ha sopportato i miei messaggi e le mie dichiarazioni di felicità, lasciando che tralasciassi come andasse la loro vita. Mea culpa, troppo impegnato a godermi la mia. Ma se non lo avessi fatto in questo viaggio, quando lo avrei dovuto fare?

Ripensando a tutto ciò che è stata quest’esperienza mi ha fatto venire la pelle d’oca. Ho passato 28 giorni, uno più bello dell’altro, uno a volte più doloroso dell’altro, ma uno più indimenticabile dell’altro. Ho visto cose che sapevo fossero belle ma non immaginavo così tanto, ho ammirato paesaggi, ho conosciuto persone; ho imparato tanto, dai paesaggi e dalle persone; soprattutto da me stesso. Questa, se posso essere onesto, credo sia stata la più grande vittoria che abbia avuto dal viaggio.

Mi sono arrabbiato, ho pianto per la gioia, sono stato triste, ho riso, mi sono disperato: ho fatto tutto in questi giorni. Se le poesie insegnano qualcosa, la poesia “Itaca” di Kavafis insegna che il viaggio è la parte più bella dell’avventura, e “Il Sabato del villaggio” anche: goditi il sabato perché poi la domenica finisce; è quello che volevo fare. Avevo una voglia infinita di arrivare, ma non avevo nessuna fretta, volevo godermi al massimo il momento.

I chilometri si macinavano e volevo arrivare. Poi, eccolo lì, Nordkapp, Capo nord, un semplice promontorio come tutti gli altri, ma che ha la fortuna di essere il più sporgente a nord. Qualche statua, neanche troppo bella, qualche installazione, un gigantesco complesso sotterraneo con bar, ristorante, museo e cinema. C’era un mappamondo sul punto più sporgente del promontorio, di due metri di diametro; niente di eccezionale, era solo un insieme di cerchi metallici posti a mo’ di latitudini e longitudini, eppure mi ha emozionato. Vedere la mia Terra in quelle dimensioni per me è stato significativo: il mondo è piccolo, ho pensato: ne ho percorso quasi metà. Già, ho percorso 8393 chilometri. Sì, il mondo è piccolo, e il mio cuore anche in quel momento, tanto che si stringeva dall’emozione.

Non mi sento debole a dire che ho pianto in quel momento, come in tanti altri, sono felice di averlo fatto e lo rifarei ancora: un uomo in pace con sé stesso è un uomo libero di esprimere le emozioni. Ho imparato a esserlo in questo viaggio.

di Davide Urso



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