Xylella, il Tar del Lazio spedisce tutto alla Corte di Giustizia UE: i ricercatori salentini ci avevano visto lungo

Lo scorso 22 gennaio il Tar del Lazio ha emesso la sua motivazione sul rinvio pregiudiziale di sei punti cruciali del ricorso di tre coltivatori salentini: gli atti che hanno portato all’abbattimento degli ulivi sarebbero viziati a monte, da un atto della stessa Commissione.

Ci avevano visto lungo i docenti esperti dell’Università del Salento facenti parte del gruppo di studio L.A.I.R.: sul piano giuridico la vicenda xylella fastidiosa è viziata fin dall’origine. Dello stesso parere è il Tar del Lazio: il principale giudice amministrativo, infatti, ha deciso di rimettere ogni atto alla Corte di Giustizia Europea.

Perchè? La decisione di eradicare gli ulivi nel raggio dei 100 metri dagli esemplari infetti, a prescindere dal loro stato di salute, peccherebbe di legittimità. Si tratta di una novità. In precedenza, infatti, i giudici amministrativi avevano sospeso il giudizio su alcuni ricorsi presentati da aziende biologiche del Salento facendo presente che queste ultime, ad agosto del 2015, si erano rivolte al Tribunale di primo grado dell'Unione europea (organo di giustizia di primo grado della UE) e che le stesse aziende biologiche dovevano, perciò, aspettare che il Tribunale di primo grado UE si pronunciasse. Con le ordinanze del 22 gennaio il TAR dice invece una cosa nuova, diversa, e molto importante. Il TAR afferma di ritenere egli stesso che la Decisione della Commissione europea n. 789/2015, laddove ha imposto l'abbattimento di alberi non infetti nel raggio di 100 metri da quelli infetti, sia illegittima, perchè secondo il TAR la Commissione europea, nell'ordinare quell'abbattimento, avrebbe violato il diritto dell'Unione europea.

Il TAR, non potendo annullare la Decisione della Commissione europea n. 789/2015, essendo quest'ultima un atto europeo e non italiano, chiama perciò in causa il massimo giudice europeo, ossia la Corte di Giustizia UE che ha sede a Lussemburgo, attraverso lo strumento denominato "rinvio pregiudiziale di validità". La Corte di Giustizia UE non va confusa con il Tribunale di primo grado UE: quest'ultimo è organo di grado inferiore alla Corte di Giustizia, che invece rappresenta il vertice della giurisdizione europea. Per semplificare al massimo, il Tribunale di primo grado UE corrisponde a quello che in Italia sarebbe un Tribunale, mentre la Corte di Giustizia UE corrisponde a quella che in Italia sarebbe la Cassazione. Insomma: un problema partito dal Salento, grazie allo studio pionieristico pubblicato dai ricercatori del gruppo LAIR di UniSalento a novembre del 2015, e dei ricorsi che poi hanno utilizzato questo studio portandone gli argomenti davanti al TAR del Lazio, è oggi arrivato al massimo grado della giustizia europea, ossia la Corte di Giustizia UE.

La stessa Commissione europea, che fino ad oggi era la "grande accusatrice" dell'Italia a cui rimproverava di non averle obbedito, oggi diventa la "grande accusata" e viene trascinata davanti alla Corte di Giustizia UE, davanti alla quale dovrà tentare di difendere la legittimità della propria Decisione n. 789 del 2015. Nel frattempo tutti i giudizi nazionali restano sospesi. Il problema deve essere perciò risolto direttamente in Europa e, se la Corte di Giustizia dovesse dare torto alla Commissione europea, a cascata cadrebbero tutti gli atti nazionali che sono derivati nel corso degli anni dalla Decisione della Commissione europea n. 789/2015, a partire dal decreto del Ministro Martina fino, ovviamente, al piano Silletti.

 
La motivazione resa dal Tar si legge: ‘non si rinvengono norme che impongano l’eradicazione di organismi vegetali sani presenti in un determinato raggio da organismi riconosciuti come infetti, senza prima dare luogo ad approfondimenti scientifici idonei a ritenere tale misura l’unica idonea a evitare la diffusione di organismi nocivi’. Un passaggio questo in netto contrasto con gli atti di esecuzione, nei quali è stato disposto l’abbattimento di tutte le piante potenzialmente ospitanti il batterio killer.
 

Nelle motivazione, poi, i giudici del Tar fanno espresso richiamo a molti concetti sottolineati dal documento stilato dagli studiosi di diritto e agroecologia del LAIR e presentato a LecceNews24.it dal docente di Diritto Amministrativo dell’Unisalento Massimo Monteduro in una corposa intervista: ‘Il principio di proporzionalità – scrivono i giudici – avrebbe richiesto alla Commissione la rappresentazione di tutte le misure alternative possibili per poi scegliere motivatamente, tra di esse, quella idonea al raggiungimento dello scopo con il minor sacrificio, essendo oltretutto in gioco valori fondamentali (come la salute, l’ambiente, il paesaggio)’. 
 
I ricorrenti hanno posto dubbi proprio su questi aspetti, richiamando nei loro atti le argomentazioni giuridiche sviluppate nel Documento degli studiosi del LAIR. e il Tar ha sposato le loro opinioni. ‘E’ necessario stabilire – conclude il Tar del Lazio – se i principi di proporzionalità, logicità e ragionevolezza ostino all’applicazione della decisione di esecuzione della Commissione europea nella parte in cui impone di rimuovere tutte le piante ricadenti nei cento metri senza un adeguato supporto scientifico’.
 
La palla adesso passa ai giudici comunitari: da loro potrà dipendere il destino di un intero territorio e di un settore economico messo in ginocchio.



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