​Operazione Twilight, un numero infinito di vittime e nessuna denuncia. Motta: ‘usurai visti come benefattori’

Tre diverse associazioni mafiose, non più in contrasto tra di loro, ma capaci stringersi la mano in nome degli affari: è questo quanto scoperto nell’operazione Twilight che ha fatto luce su un giro di usura in cui sono coinvolti anche 6 funzionari di banca.

Anche la mafia si mette in gioco, risente e sfrutta gli effetti della crisi e si adegua ai tempi che cambiano. In passato, quando un esponente passava da un gruppo all’altro si scavava la fossa da solo, insomma era «condannato a morte» senza possibilità di scampo. Ora non è più considerato un tradimento, anzi… capita spesso che più associazioni si stringano la mano in nome degli “affari”.
 
È accaduto anche nell’operazione «Twilight» che ha permesso di fare luce su un lato nascosto del capoluogo barocco. E così vecchie conoscenze delle forze dell'ordine – Oronzino Persano con i cugini Fabio, Giuliano e Stefano Persano, Pasquale Briganti meglio conosciuto come Maurizio e Luigi Sparapane – tenevano sotto il loro controllo l’intera città di Lecce (e non solo) con l’usura, la punta di diamante dell’attività che fruttava talmente tanto denaro che veniva riutilizzato in altri settori, tipo il traffico di droga, come forma di investimento. Un dominio che ha radici lontane: tutto nasce, infatti, nell’inchiesta Shylock del 2010. Fu allora che Alfredo Scardicchio, un imprenditore taglieggiato, indirizzò gli investigatori sulla strada giusta raccontando di un tasso mensile del 10% che era costretto a versare.
  
Chiunque avesse bisogno di soldi sapeva a chi rivolgersi, ma nessuno parlava e nessuno parla: «è un’indagine particolarmente importante non solo perché ha coinvolto 6 funzionari di banca –  ha commentato il procuratore Cataldo Motta, nel corso della conferenza stampa –  ma anche per il fatto che le vittime sono un’infinità». Nell’ultimo anno giudiziario, sono solo tre le denunce nel distretto di Lecce, Brindisi e Taranto. Un numero risibile se paragonato ai commercianti, imprenditori e persone comuni che si sono ‘affidate’ agli usurai che, come spiegato da Motta, sono considerati quasi come «benefattori» perché danno quell'aiuto spesso negato dalle banche che chiedono in cambio garanzie troppo elevate da rispettare per chi non ha niente. Il ruolo dei sei funzionari che approfittando del loro ruolo all'interno di diversi istituti avrebbero, tra le altre cose, fornito informazioni riservate su clienti in difficoltà, fa capire come la crisi economica abbia messo del suo in questa storia.
  
Tutti pagano senza fiatare, senza lamentarsi anzi sono ben contenti perché ritengono che la SCU sia un buon sostituto dello Stato, capace di proteggere o fornire un servizio: «se le vittime stanno zitte – ha commentato il Procuratore – vuol dire che qualcosa non funziona. Il problema di fondo è che la mafia sta cercando e ottenendo il consenso sociale. Per questo non hanno più bisogno di episodi eclatanti come bombe, danneggiamenti e omicidi. Hanno stabilito la pax mafiosa inabissando le attività criminali». Bastava la parola di Oronzino Persano per inculcare terrore, lui che utilizzava i permessi premio per intimidire. 
  
Le oltre cento persone finite nei guai, il giro di affari pari se non superiore al valore dei beni sequestrati fanno capire l’importanza dell’operazione, ma soprattutto che certe organizzazioni non hanno mai smesso di affondare le loro radici nel territorio. 



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