Anziana donna padovana morta a seguito di intervento chirurgico, 4 medici del ‘Fazzi’ rischiano il processo

Il gip ha disposto l’imputazione coatta, accogliendo la richiesta di opposizione all’archiviazione dei familiari di una professoressa di Padova, anche lei medico con cattedra universitaria, deceduta il 4 giugno di tre anni fa, dopo un intervento di mastectomia.

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Quattro medici del "Vito Fazzi" di Lecce rischiano di finire sotto processo per omicidio colposo, dopo l'imputazione coatta disposta dal giudice. Il gip Michele Toriello ha, difatti, accolto la richiesta di opposizione all'archiviazione dei familiari di una Professoressa di Padova, morta per una presunta colpa medica. Adesso il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone che in precedenza aveva chiesto l'archiviazione del procedimento, dovrà riformulare la richiesta di rinvio a giudizio ed il giudice fisserà l'udienza preliminare. In quell'occasione, un nuovo gip deciderà se prosciogliere gli imputati o mandarli a processo.
 
L'87enne Professoressa padovana Clelia Fiore, anche lei medico con cattedra universitaria, morì presso il "Fazzi" di Lecce, il 4 giugno di tre anni fa, dopo un intervento di mastectomia ( asportazione chirurgica di una mammella, su donne colpite da tumore al seno o ad alto rischio di svilupparlo). Il giudice Toriello, pur ritenendo che l'intervento chirurgico fosse correttamente riuscito, ha accolto alcune delle motivazioni presentate dai consulenti di parte, in merito alle fasi pre e post-operatorie. In quei frangenti si sarebbero verificati alcuni comportamenti  "negligenti" da parte del personale medico che ebbe in cura l'anziana donna.  Non sarebbe stata disposta in tempo utile, la sospensione di farmaci anticoagulanti che la paziente assumeva per altre patologie (come avrebbe consigliato l'anestesista il giorno prima dell'intervento). Nelle ore successive all'Intervento, non sarebbe stato effettuato alcun monitoraggio della pressione per potere tenere sotto controllo l'ipertensione arteriosa che portò all'emorragia cerebrale ed al decesso dell'87enne. Solo a distanza di circa quattro ore, sarebbe stato annotato sulla cartella clinica della signora "paziente soporosa difficilmente risvegliabile".
 
Inoltre, i consulenti di parte ritengono che l'intervento chirurgico al quale venne sottoposta l'anziana signora fosse assolutamente sconsigliato, considerando l'età ed il fatto che era affetta da altre patologie. La colpa dei medici risiederebbe, dunque, anche nell'aver eseguito un  intervento che non doveva essere praticato. I consulenti di parte ritengono che la donna non sia stata informata su altre opzioni terapeutiche alternative alla chirurgia. Ad ogni modo, la paziente avrebbe firmato il modulo relativo al "consenso informato" sui rischi dell'operazione chirurgica.
Ricordiamo, invece, che il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone dispose una consulenza medico legale poi eseguita dal dr. Roberto Vaglio e motivò la richiesta di archiviazione, affermando che "non sussistono elementi idonei e sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio nei confronti degli indagati, con riguardo alla sussistenza del nesso causale tra la condotta posta in essere dagli stessi e l'insorgere di una vasta emorragia intracerebrale che condusse a morte Clelia Fiore". 
 
I famigliari della Professoressa Clelia  Fiore sono assistiti dall'avvocato Dajana Minelle del Foro di Padova. I medici del "Fazzi" dagli avvocati Roberto Rella e Massimo Manfreda.



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