Armi, estorsioni e minacce all’ombra del clan Padovano: due assoluzioni

La presunta vittima di alcuni dei reati contestati, si era costituita parte civile. Invece, nel processo con rito abbreviato del gennaio 2015, era stato condannato a 4 anni, il solo Cosimo Cavalera ed erano stati assolti, tutti gli altri imputati.

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Si conclude con altre due assoluzioni, la vicenda giudiziaria sulle armi del clan Padovano, secondo l’accusa, custodite dopo l’arresto del capo.

Il collegio della seconda sezione penale (Presidente Roberto Tanisi) ha assolto “per non aver commesso il fatto”: Oreste Scorrano, 27 anni di Gallipoli e Roberto Felline, 53enne, anche lui gallipolino. In precedenza, il pm ha invocato la condanna, rispettivamente, a 9 e 4 anni di reclusione.

I due imputati sono assistiti dagli avvocati Pompeo Demitri e Biagio Palumbo. Invece, la presunta vittima di alcuni dei reati contestati, si era costituita parte civile con l’avvocato Luigi Suez. La donna aveva presentato una denuncia querela, anche per alcune presunte aggressioni e minacce, per mano di elementi criminali riconducibili al clan Padovano. I legali dei difensori hanno però sostenuto l’inattendibilità delle sue dichiarazioni.

Le indagini

Nell’estate del 2013, durante la perquisizione in casa di Andrea Cavalera, 39enne gallipolino, gli agenti del locale commissariato trovarono e sequestrarono due pistole. Non solo, anche tre caricatori ed una serie di cartucce.  L’uomo venne arrestato, il 1 luglio del 2013. Le armi, secondo gli investigatori, appartenevano al fratello Cosimo Cavalera, 41enne di Gallipoli e al boss gallipolino Pompeo Rosario Padovano, già in carcere. Gli inquirenti ritenevano che, dopo l’arresto dei due boss, avvenuto nel novembre 2010 per l’omicidio di Nino Bomba, le armi furono affidate ad Andrea Cavalera. Infatti, nel febbraio 2014,  il gip del Tribunale di Lecce Carlo Cazzella su richiesta del Sostituto Procuratore Roberta Licci, ha emesso quattro ordinanze di custodia cautelare nei confronti di presunti affiliati al clan padovano. Si trattava di Cosimo e Andrea Cavalera, Roberto Felline e Oreste Scorrano (questi ultimi due, entrambi incensurati) con l’accusa di porto abusivo di armi clandestine e munizioni, estorsione, atti persecutori, minacce e lesioni personali. Altre quattro persone, quasi tutte appartenenti alla famiglia Cavalera, risultavano inoltre indagate.

Nel processo con rito abbreviato del gennaio 2015, era stato condannato a 4 anni, il solo Cosimo Cavalera erano stati assolti, tutti gli altri imputati.



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