Erano pronti a tutto per il controllo della droga, anche a uccidere. Scacco al clan Montedoro

L’operazione a opera dei Carabinieri del Comando provinciale di Lecce, i provvedimenti emessi dalla Dda del capoluogo. Le indagini hanno evidenziato un processo di riorganizzazione del clan Montedoro che opera nel territorio di Casarano.

Un rapporto di amicizia e di affari legava Tommaso Montedoro ad Augustino Potenza, fino a quando il business e l’odore dei soldi, tanti soldi ha preso il sopravvento sul legame che aveva permesso ai due, insieme, di controllare la piazza dello spaccio. Poi la rottura, firmata con il sangue. Troppo forte la voglia di Montedoro, noto e temuto nell’ambiente per la ‘spregiudicatezza criminale’, di controllare in solitaria il traffico di stupefacenti, ma per conquistare e imporre questo ruolo doveva eliminare i suoi rivali. Toglierli di mezzo. Prima è toccato al suo socio in affari, ammazzato il 26 ottobre a colpi di Kalashnikov, nel parcheggio del supermercato di Casarano. Lo stesso tragico destino era stato scritto anche per Luigi Spennato, ma qualcosa nei piani di quel 28 novembre andò storto. Si scoprirà come entrambi i fatti di sangue fossero legati da un unico filo conduttore, ma per l’omicidio di Potenza, inserito nella guerra di mala che aveva messo fine alla pax mafiosa, gli esecutori materiali non sono stati individuati. 
  
Il tentato omicidio di Spennato, però, ha dato alle indagini quegli ‘elementi’ fondamentali per chiudere il cerchio. Non è stato facile ricostruire le strategie del nuovo sodalizio criminale, capire i ruoli dei suoi componenti, i meccanismi che muovevano le loro azioni, ma alla fine il quadro è stato chiaro e 14 persone – raggiunte dai decreti di fermo d’indiziato di delitto – ora sono accusati, a vario titolo, di “Associazione mafiosa”, “tentato omicidio aggravato”, “Associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti”, “Detenzione di Armi”, “Ricettazione”e “Furto Aggravato”.
  
A muovere i fili era Tommaso Montedoro, 41enne di Casarano che da Vezzano Ligure, in provincia di La Spezia dove si trovava ai domiciliari, controllava la sua città, se non mezzo Salento. Insieme a lui sono finiti al centro dell’operazione, denominata «Diarchia» Damiano Cosimo Autunno, 51enne di Matino. Sabin Braho, 34enne nato a Durazzo (Albania), ma residente a Brindisi. Ivan Caraccio, 30enne di Casarano attualmente richiuso a Borgo San Nicola. Andrea Cecere, 37enne di Nardò. Giuseppe Corrado, 45enne di Ruffano. Salvatore Carmelo Crusafio, 42enne nato in Svizzera, ma residente a Matino. Luca Del Genio, 26enne di Casarano e il 31enne Antonio Andrea Del Genio. Eros Fasano, 53enne nato in  Svizzera e residente ad Alliste. Domiria Lucia Marsano, 40enne di Lecce, attualmente sottoposta alla misura alternativa dell’affidamento in prova.  Marco Petracca, 41enne di Casarano, insospettabile ‘incensurato’, ma considerato dagli inquirenti il ‘cassiere’ del gruppo criminale e naturale referente di Montedoro, in via esclusiva. E ancora Maurizio Provenzano, 46enne di Lecce che aveva il ruolo di broker e Lucio Sarcinella, 21enne di Casarano, ‘specializzato’ in reati contro il patrimonio.
  
  
Il nuovo sodalizio criminale
Tolti di mezzo Provenzano e messo fuori uso Spennato, Montedoro si siede sulla poltrona più alta e da lì controlla Casarano e i comuni limitrofi avvalendosi della personalità di Autunno e Corrado, due storici ‘sodali’ del capoclan e di Luca Del Genio, un soggetto emergente nel panorama criminale locale.  Il core business del gruppo, come detto, è il traffico di sostanze stupefacenti. Quantità talmente ingenti di cocaina ed eroina che facevano fruttare fino a 750mila euro ogni due/tre giorni. Basti pensare che riuscivano a “piazzarne” diversi chili alla settimana, anche avvalendosi di emissari albanesi. La droga non era certo l’unica fonte di reddito. Il gruppo non ‘disdegnava’ le Banche, prendendo di mira gli sportelli che ‘svuotavano’ con la classica tecnica della spaccata. Un colpo – quello alla filiale della Banca Popolare Pugliese di Tuglie – è andato a segno, l’altro è andato in fumo grazie al provvidenziale intervento di un istituto di vigilanza. L’ultimo era stato studiato nei minimi dettagli solo su carta.
 
La forza di intimidazione e le gerarchie all’interno del gruppo
Insomma, malgrado la detenzione “sofferta” Montedoro, dopo la morte di Augustino Potenza, ha imposto la sua ‘presenza’ nella gestione del traffico di sostanze stupefacenti, conquistando il monopolio sul territorio anche grazie al piccolo esercito di giovani “soldati” disposti a qualunque cosa, anche la più violenta, pur di raggiungere lo scopo. Erano scrupolosamente organizzati: si riunivano, a rotazione, in luoghi isolati tra Supersano e Casarano e si davano appuntamento senza utilizzare il telefono, uno stratagemma utilizzato per evitare di svelare l’esistenza di un «vincolo».  Erano una Associazione mafiosa, come dimostra la gerarchia interna, la cassa comune, il forte vincolo di omertà, il sistema delle sanzioni, la segretezza delle comunicazioni, la forza di intimidazione e controllo del territorio, il reimpiego dei capitali illeciti attraverso l’acquisizione di attività di facciata.
  
 
La svolta: il tentato omicidio di Luigi Spennato
Spennato, probabilmente doveva fare la stessa fine di Potenza, come dimostrano le modalità con cui è stato architettato il tentato omicidio: un commando formato da 2/3 perone con Kalashnikov e una mitraglietta Sten ha preso di mira l’uomo che ‘miracolosamente’ riuscì a salvarsi. Alcuni testimoni, però, avevano raccontato di aver notato i cugini Del Genio sulla scena del crimine. E su entrambi, in effetti, sono state rinvenute particelle provenienti dall’esplosione di quelle specifiche cartucce. Le stesse tracce erano state ritrovate anche sull’auto. A questa prima ricostruzione, si sono aggiunti altri indizi che dimostrerebbero come dietro l’agguato ci fosse la regia di Montedoro. Una conversazione con Luca, in particolare, lo incastra: l’uomo si raccomanda di ‘non commettere gli stessi errori del passato’ nel momento in cui avrebbero eliminato Ivan Caraccio, ritenuto inaffidabile per la sua propensione a parlare troppo. Caraccio, reo di non aver rispettato la regola fondamentale del silenzio, doveva ‘sparire’. E probabilmente sarebbe stato un caso di lupara bianca se non fossero intervenuti i Carabinieri che lo hanno arrestato per salvargli la vita.
  
 
Le intercettazioni ambientali e telefoniche
Le intercettazioni ambientali e telefoniche hanno fatto il resto: centinaia e centinaia di conversazioni ascoltate con attenzione fino a quando non sono stati identificati, senza ombra di dubbio, gli interlocutori e i riferimenti a persone, fatti e singoli episodi.