Bancarotta di due società specializzate in cucine componibili: quattro condanne

Il collegio giudicante ha assolto ‘perché il fatto non sussiste’, i due fratelli Antonio e Davide Calvi, per l’episodio chiave della vicenda. Infatti, è ‘caduta’ l’accusa della Procura di avere ‘distratto’ circa 600 mila euro

Avrebbero partecipato al fallimento di due società specializzate in cucine componibili ed il Tribunale di Lecce condanna quattro imputati ad oltre 12 anni di reclusione. I giudici della seconda sezione collegiale (Presidente Roberto Tanisi, a latere Pasquale Sansonetti e Maria Pia Verderosa) hanno inflitto la pena di: 5 anni nei confronti di Antonio Calvi, 44enne di Gallipoli (il sostituto procuratore Massimiliano Carducci aveva invocato 9 anni di reclusione) e 3 anni e 6 mesi per il fratello Davide Calvi, 42 anni (chiesti 6 anni) per il reato di bancarotta fraudolenta; 2 anni a Leonardo Campeggio, 40 anni di Parabita (richiesta di 5 anni) e Fausto Tronci, 55 anni di Vignacastrisi (chiesti 4 anni e 6 mesi), pena sospesa per entrambi, per il concorso nel reato.
  
Il collegio giudicante ha assolto "perché il fatto non sussiste" i due fratelli per l'episodio  chiave della vicenda. Infatti, è "caduta" l'accusa della Procura per Antonio Calvi, di avere "distratto" circa 600 mila euro (somme relative alla negoziazione di assegni), in qualità di amministratore di "fatto" della CIPIERRE s.r.l., in concorso con il fratello Davide, l'amministratore formale. I fratelli Calvi sono stati assolti (sempre con la formula "perché il fatto non sussiste") dall'accusa di aver ceduto alcuni rami di azienda.
  
La CIPIERRE, società dichiarata fallita dal Tribunale di Lecce (con sentenza del 21 luglio 2005), sarebbe stata, secondo la Procura, ceduta a titolo gratuito alla New Patriarca gestita da Antonio Calvi e operante nel medesimo opificio industriale. Anche quest'ultima società, nel corso del 2006, fu dichiarata fallita come emergerebbe dalla nota a firma del curatore e dalla documentazione acquisita dalla GdF. In questo secondo fallimento, sarebbero coinvolti anche Antonio Spiri, 69enne di Taviano-secondo il pm, un prestanome fatto nominare amministratore da Calvi- e Leonardo Campeggio, che ottenne la procura generale attraverso Spiri. L'accusa nei confronti di quest'ultimo, è però " caduta" al termine del processo, "perché il fatto non costituisce reato". Il pm Carducci invece aveva invocato per l'imputato la condanna a 4 anni.
  
Infine, il collegio giudicante ha disposto la prescrizione del reato di omessa presentazione dei registri, nei confronti di Antonio Calvi.
  
Secondo, il pm Massimiliano Carducci ( titolare dell'inchiesta il dr. Giovanni De Palma) i due fratelli Calvi avrebbero occultato cambiali attive per un valore di circa 30mila euro e riportate tra le attività di bilancio relativo al 2005 e mai consegnate alla Curatela; attrezzature varie, rimanenze di magazzino e beni strumentali del valore di 94.800 euro (acquistati dalla società fallita,  nel corso del 2002), dei quali veniva simulata la cessione a titolo oneroso in favore di Fausto Tronci, rappresentante di una ditta con deposito proprio. Quest'ultimo era accusato di aver "distratto" i beni in concorso con i fratelli Calvi.
  
Il difensore di Antonio Calvi, l'avvocato Umberto Leo, si ritiene soddisfatto per la sentenza di primo grado, poiché sono cadute le accuse più gravi nei confronti del proprio assistito e la pena stabilita dai giudici, "ridimensiona" la richiesta della Procura. Il legale però è convinto che ci siano margini per ottenere la completa assoluzione di Calvi e una volta depositate le motivazioni della sentenza, presenterà ricorso in Appello.  
  
Il collegio difensivo è completato dagli avvocati Francesco Palmieri ed Angelo Calvi.



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