Caso Sara Scazzi. Sabrina dal carcere «Sono innocente!»

Il 14 novembre inizierà il processo d’appello per l’omicidio di Sarah Scazzi. Cosima e Sabrina torneranno in aula. In un servizio del programma Quarto Grado andato in onda ieri sera, la più piccola di casa Misseri, in una lettera alla sorella, continua ad urlare la sua innocenza.

Mancano pochi giorni. Il 14 novembre Sabrina Misseri e Cosima Serrano, condannate in primo grado all’ergastolo per l’omicidio della piccola Sarah Scazzi, avvenuta in un assolato pomeriggio d’estate, torneranno dinanzi ai giudici nell’attesissimo processo d’appello.

Da quando l’allora 15enne scomparve nel nulla il 26 agosto del 2010, su Avetrana, piccolo paese in provincia di Taranto, si accesero i riflettori ed il caso, fin dalle prime mosse, catturò l’attenzione dell’Italia intera che per ben 42 giorni restò con il fiato sospeso convinta, come inizialmente si pensava e sperava, che la ragazzina si fosse volontariamente allontanata da casa. Poi la svolta, lo zio Michele confessò di averla uccisa e condusse gli investigatori in quel pozzo in contrada Mosca, dove venne ritrovato il corpo. Era lui il mostro da sbattere in prima pagina.

Misseri, però, ha sempre “convinto” tutti a metà: nei suoi racconti –in televisione come negli interrogatori – ha maldestramente dimostrato di non conoscere cosa realmente sia accaduto quel maledetto giorno né ha mai indicato l'arma con cui avrebbe compiuto il delitto, “arma” che non è stata mai trovata. Le sue contraddizioni continue lo hanno reso “inattendibile”. Ha cambiato spesso versione lo zio Miché – tre quelle “ufficiali”, almeno sette se si tiene conto delle variazioni, spesso non irrilevanti, apportate nei vari racconti – che lo hanno fatto passare da orco a becchino, da accusato ad accusatore. Ed è proprio in una delle sue “confessioni”, l’ennesima che ha prima chiamato in causa la figlia Sabrina, arrestata il 16 ottobre 2010, poi in un incidente probatorio, l’ha additata come l'unica responsabile del terribile omicidio. Mai, però, nei suoi innumerevoli “sfoghi” ha tirato in ballo l’amata moglie che, però, fu comunque arrestata a maggio 2011.

A distanza di tanto tempo le cose non sono cambiate: Cosima e Sabrina continuano ad essere considerate colpevoli dall’opinione pubblica che le ha subito additate come uniche responsabili della morte della 15enne mentre il contadino di Avetrana, in questi anni, ha continuato a battersi senza sosta seppur a modo suo urlando in televisione, ai microfoni delle tante trasmissioni che si sono occupate del caso, sui giornali e persino alle persone comuni che lo hanno incontrato per strada  l’estraneità di moglie e figlia. Colpevoli o innocenti? Una domanda a cui, al di là dei giudizi personali, non è mai stata data risposta.

Innocenza, quella che continua ad urlare con forza Sabrina dal carcere. Nella trasmissione condotta da Gianluigi Nuzzi, Quarto Grado, la ragazza, nelle lettere inviate alla sorella Valentina, ribadisce «stare qui dentro è straziante, non so quanto posso reggere ancora, stanno giocando con la mia vita e con il tempo, per loro sono solo un numero, la mia innocenza non vogliono proprio sentirla tanto non stanno loro al posto mio». La missiva in realtà risale al dicembre scorso, circa un anno fa, ma nulla vieta di pensare che lo stato d’animo della secondogenita di casa Misseri sia oggi lo stesso.

«Nessuno può capire cosa significa stare qui da innocente» prosegue Sabrina che in un’altra lettera, scritta all’indomani della decisione dei giudici di negargli gli arresti domiciliari ripete «è inutile non si può fare niente, non la vogliono la verità, tanto vale che mi mettano in croce come Gesù Cristo così sono tutti più contenti. Mi arrendo tanto non ho più niente da perdere, non potrò mai avere una vita normale, serena. Sono passati 4 anni, sono entrata a 22 e adesso ne ho 26, e più si va avanti è sempre peggio. La verità è che non ci sarà giustizia, la giustizia non esiste. Vorrei tanto che fosse solo un incubo. Il carcere non voglio farlo più innocentemente».

Michele Misseri, invece, continua a condurre una vita “normale” nella villetta di via Deledda. Lavora in campagna, dove e come può, e continua a tenere i suoi baffi che taglierà solo quando moglie e figlia saranno riconosciute innocenti  e per lui si riapriranno le porte del carcere.

Il processo d’appello difficilmente ribalterà la sentenza salvo colpi di scena inaspettati. Sabrina e Cosima saranno presenti in aula ma hanno richiesto di non essere riprese dalle telecamere, molte sono infatti le testate che si sono accreditate.