Condannato a trent’anni per l’omicidio di Massimo Bianco: Cassazione dice no ai domiciliari per Zacheo

La Cassazione ha accolto la richiesta dei familiari di Bianco che si erano costituiti parte civile. Il cadavere dell’uomo fu ritrovato il 29 giugno di quattro anni fa, in una zona di campagna tra Martano e Carpignano Salentino.

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Aveva ottenuto gli arresti domiciliari dopo la condanna a 30 anni di reclusione, ma adesso il pronunciamento della Cassazione ribalta la decisione della Corte di Assise di Lecce. Parliamo della vicenda giudiziaria di Antonio Zacheo, il 29enne originario di Maglie, ritenuto responsabile della morte dell'imprenditore edile Massimo Bianco, avvenuta a Martano il 29 giugno 2012.
  
Gli "ermellini" hanno accolto il ricorso dei familiari di Bianco, che si erano costituiti parte civile. Gli avvocati Giancarlo dei Lazzaretti e Cosimo Rampino si erano "opposti" alla decisione dei giudici della Corte di Assise che aveva, a sua volta, accolto la richiesta dei difensori di Zacheo. L'imputato è difeso dagli avvocati Federico Grosso e Mario Coppola e Salvatore Maggio. I legali avevano ottenuto che il proprio assistito potesse scontare la pena inflittagli, attraverso una misura di detenzione "alternativa" al carcere.
  
I domiciliari potevano essere "trascorsi" fuori dai confini della Puglia. Ciò, in virtù dell'incensuratezza al momento dell'omicidio e della sua estraneità da organizzazioni criminali. Inoltre, secondo gli avvocati di Zacheo, la buona condotta ante delictum, così come quella in carcere durante i due anni e mezzo di custodia cautelare, "deponevano" per l'attenuazione della misura detentiva.
  
Dunque la Cassazione, dopo che il ricorso era stato rigettato dalla stessa Corte di Assise e dal Riesame, ha accolto l'istanza, disponendo l'annullamento senza rinvio della sentenza. I legali "puntavano" il dito sull'omessa notifica dell'istanza di scarcerazione alla parte civile. Adesso, a seguito di questa decisione, Antonio Zacheo dovrebbe "automaticamente" ritornare in carcere.  
  
Ricordiamo che la sentenza di condanna a 30 anni di reclusione nei confronti di Zacheo fu emessa il 12 novembre scorso.  Il processo venne celebrato con il rito abbreviato (consente di ottenere lo sconto di un terzo della pena), dai giudici della Corte di Assise di Lecce presieduta da Roberto Tanisi (a latere Pasquale Sansonetti e giudici popolari). Il procuratore aggiunto Antonio De Donno aveva invocato una condanna a 30 anni per Zacheo, con le accuse di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, in concorso con Antonio Gabrieli (condannato a 30 anni di reclusione, nel processo in abbreviato); occultamento di cadavere in concorso e utilizzo improprio d’arma da fuoco.
  
Il pubblico ministero De Donno aveva anzitutto ricostruito la dinamica dell'omicidio. Zacheo, Gabrieli e Bianco avrebbero pranzato in un locale di San Foca e poi avrebbero svoltato per Carpignano Salentino, come testimoniato da un carabiniere in borghese. Quest'ultimo ha dichiarato di avere visto i due (Gabrieli guidava e Zacheo era posizionato dietro) che "facevano scivolare qualcosa" e li ha superati; a quel punto l'auto girava, poiché, Zacheo e Gabrieli si erano insospettiti e decisero di anticipare i tempi e di abbandonare subito il cadavere di Bianco (fu ritrovato il 29 giugno di quattro anni fa). Il procuratore aggiunto sottolinea poi la premeditazione dell'azione. Zacheo avrebbe nascosto in una cartelletta, una bottiglietta con dentro la benzina. Infatti, Bianco venne ammazzato in macchina e poi il suo corpo bruciato in campagna. Riguardo, infine, al movente, il pm De Donno ha affermato che c'erano certamente dei contrasti di natura economica sulla gestione dell'azienda.



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