Davide torna nel quartiere antico di Bratislava ‘meritava una seconda visita, per quanto è bello’

Il viaggio di Davide sta per terminare. Il centro di Bratislavia meritava una seconda visita. Presto il ritorno a casa per la festa del paese.

Passeggiando nelle strade animate e colorate pensavo più a controllare il telefono che a osservare gli edifici, comprovavo il calendario e cercavo di perfezionare l’arrivo a casa, quale giorno precisamente e quali fermate intermedie, perché tra qualche giorno inizierà la festa patronale del mio paese, un’occasione perfetta per rivedere tutte quelle persone che mi hanno scritto chiedendomi informazioni, ma anche coloro che pensavo ogni qual volta rimuginavo sulle mie radici; mancavano pochi giorni e sentivo crescere dentro di me l’entusiasmo di terminare l’avventura e di trascorrere qualche settimana coccolato dalla mia terra e da chi mi vuole bene.

Ho deciso, oggi, di sacrificare la tappa di Monaco di Baviera, dove mi sarei dovuto vedere con mio fratello, ma gli impegni universitari glielo hanno impedito e, non potendomi raggiungere, tanto vale recuperare un giorno e svoltare verso sud dopo Salisburgo, fermandomi a Bologna, a casa di mio zio, una sola notte, giusto il tempo di dormire otto ore e di abituarmi all’aria italiana.

A zonzo nel centro

La mattinata è trascorsa ripercorrendo le stesse strade di ieri, quindi abbastanza piatta, sicché nel pomeriggio volevo inventarmi qualcosa di differente, giusto per muovere il giorno, come per esempio visitare qualche luogo fuori dal centro, senza allontanarmi molto che domattina dovrò ritornarci per prendere lo stesso ragazzo che ho accompagnato da Budapest a qui, anche lui è diretto a Vienna.

A pochi chilometri vi era lo Slavín, il gigantesco mausoleo dedicato alle vittime sovietiche della seconda guerra mondiale; non a tutte le vittime, ma solo a quelle sovietiche, che non dobbiamo dimenticarci hanno liberato la Slovacchia dal Nazismo. Solo visitando queste Nazioni dell’Est ci si può rendere conto di cosa significhi che il mondo fosse diviso, un tempo, tra Stati Uniti e Russia, di cosa significhi che all’incirca trenta nazioni fossero sotto l’influenza sovietica.

Si nota subito una differenza tra la nostra area e quella orientale: mentre nel blocco occidentale, le nazioni che aderirono al Patto Atlantico sono rimaste abbastanza indipendenti, chi si unì al Patto di Varsavia fu di fatto dominato dall’URSS, in modo diretto o indiretto, ma ogni persona era portata a conoscere il russo.

Visitare i paesi come la Slovacchia, ma anche come l’Armenia, la Georgia, persino la Bulgaria, è un’esperienza che consiglio caldamente, perché abbiamo tutti gli strumenti per vivere la storia, oltre che per studiarla.

Avevo ancora tempo e un po’ più lontano mi aspettava un castello semi diroccato, chiamato “Devín”, le cui recensioni, in quanto attrazione, erano ottime. Aveva una storia bizzarra, sia perché costruito nella giunzione di due fiumi, il Morava e ovviamente il Danubio, sia perché alla costruzione venne annessa una chiesa, sia perché per decorare questa chiesa vennero chiamati dei pittori italiani.

C’è una parte di Italia dappertutto

Ripeto e ripeto ancora, c’è una parte di Italia dappertutto; è un dato di fatto, non una presunzione. Un altro dato di fatto è che le visite al castello erano terminate e non mi hanno lasciato entrare; tanto valeva, prima di ritornare in centro, di fermarmi a osservare quel paesaggio così originale e così rilassante; mi trovavo in territorio slovacco, ma al di là del Danubio, a trenta metri, era già Austria, che avrei toccato domani, e 50 chilometri più a sinistra vi era l’Ungheria.

Mi sorprendo di come la geografia, quella materia che si studia a scuola e sui libri, che la si applica sulle cartine e con il GPS, la stia vivendo sulla mia pelle; il pensiero che io sia all’interno del mondo reale mi rende felice, mi lascia un brivido di importanza e di appartenenza alla civiltà, a quel mondo che non è solo astratto, così grande e sconnesso, ma è a misura d’uomo, tanto da relativizzare le distanze e poterlo percorrere in auto, imparare le reali dimensioni delle Nazioni, la difficoltà delle montagne, la spettacolarità dei laghi, l’enormità degli oceani, l’incanto degli arcobaleni, la perplessità davanti alla povertà di alcuni sobborghi accanto a quelli ricchi e moderni.

Domani toccherò Vienna, quasi non ci credo! Sento già il profumo del buon caffè di casa.

di Davide Urso



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