Feto nascosto in un armadio: sì del giudice per la “messa alla prova” della madre

Nel caso in cui il “percorso” stabilito dovesse andare a buon fine, la giovane di Squinzano, accusata di infanticidio e occultamento di cadavere in concorso con la sorella e il cognato, otterrebbe l’estinzione del reato.

La madre, accusata di aver nascosto il feto privo di vita del figlio nell’armadio, potrà usufruire della “messa alla prova”. Il gup Aristodemo Ingusci ha dato l’assenso alla richiesta avanzata dal sostituto procuratore Anna Carbonara, nell’udienza odierna, celebratasi presso il Tribunale dei Minori.

Ad ogni modo, il 19 luglio prossimo, la ragazza (17enne all’epoca dei fatti) dovrà presentare, attraverso il proprio legale, l’avvocato Fabrizio Tommasi, un programma di “riabilitazione”, che verrà vagliato anche dal pm. A quel punto, verrà predisposto un percorso ad hoc, di concerto con i servizi sociali. Nel caso in cui la messa alla prova dovesse andare a buon fine, otterrebbe l’estinzione del reato.

Il processo in Corte d’Assise

Parallelamente, la giovane madre ha chiesto, nei giorni scorsi, di costituirsi parte civile “contro” la sorella e il cognato. È accaduto nel corso della prima udienza del processo in Corte d’Assise (Presidente Pasquale Sansonetti, a latere Francesca Mariano) a carico dei parenti della 18enne di Squinzano. Al termine della camera di consiglio, i giudici in composizione togata e popolare hanno rigettato l’istanza.

In precedenza, il difensore dei due imputati, l’avvocato Maurizio Scardia, si era opposto alla richiesta. La sorella 27enne ed il cognato di 46 anni, rispondono delle ipotesi di reato di “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale” e “occultamento di cadavere”, in concorso con la madre 17enne, all’epoca dei fatti.

L’inchiesta

Non è “caduto”, dunque, al momento, il grave capo d’accusa d’infanticidio, nonostante l’esito dell’autopsia. Il medico legale Ermenegildo Colosimo, infatti, ha stabilito che il corpicino era senza vita, con il cordone ombelicale, di circa 80 cm, annodato intorno al collo, quando la giovane madre ha partorito all’interno della casa alla periferia di Squinzano.

La Procura contesta ugualmente tale reato a carico dei tre indagati, “versando la minore in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto”. Inoltre, il medico legale ha prelevato un campione di tessuto per un eventuale esame del Dna (se fosse necessario), al fine di risalire all’identità del padre della bimba.

Il feto privo di vita di sesso maschile, nascosto nell’armadio di un’abitazione di Squinzano, venne rinvenuto nel febbraio del 2017.

Ricordiamo che, secondo l’accusa, la mamma, all’epoca 17enne, avrebbe occultato il corpicino del suo bambino, dopo averlo avvolto in una busta di plastica e richiuso in una borsa.

La ragazza si è presentata il 9 febbraio dello scorso anno al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Copertino a causa di una forte emorragia. La visita ginecologica non ha lasciato spazio a dubbi: la giovane aveva dato alla luce un bambino, da poco tempo. La ragazza avrebbe ammesso di avere partorito pochi giorni prima a casa, quando non era presente nessuno.

Le indagini sono state condotte dai carabinieri di Squinzano, diretti dal maresciallo Giovanni Dellisanti.



In questo articolo: