#ilcaso. Emergenza suicidi in carcere. Dietro le sbarre, la vergogna

Nei primi mesi del 2014 sono aumentati i casi di chi ha scelto di togliersi la vita mentre era in carcere: il 40% dei decessi avvenuti dietro le sbarre è¨ rappresentato da suicidi.

È vero, innegabile, che molti detenuti, colpevoli di crimini efferati, “meritino” di pagare il loro conto con la giustizia, anche se salato. Ma è altrettanto giusto che lo facciano in condizioni atroci, impensabili ed al limite dell’umanità? «Il grado di civiltà di una società si misura dalle sue prigioni» recitava Fëdor Dostoevskij, in “Delitto e Castigo”, ed è questo il punto. Che si debba passare il resto della propria vita dietro le sbarre o anche solo un breve periodo, tutti i reclusi sono costretti a fare i conti con la difficoltà di vivere in una cella di pochi metri quadri, spesso sovraffollata. Quando si affronta il tema delle «carceri italiane» ci troviamo di fronte ad un argomento complesso, che presenta mille sfumature diverse. Ma non nuovo, anzi. Certo è che torna a conquistare le prime pagine dei giornali, purtroppo, solo quando i numeri mettono nero su bianco una realtà difficile, al limite del “vergognoso”. Dati che ci fanno ricordare che dietro quei numeri ci sono persone, anche se sono persone che hanno sbagliato nella vita.

Questa volta a lanciare l’allarme è stata la Società italiana di psichiatria per bocca del suo presidente Claudio Mencacci. La fotografia scattata è questa: nei primi mesi del 2014 sono aumentati i casi di chi ha deciso di togliersi la vita in carcere: il 40% dei decessi avvenuti dietro le sbarre, infatti, è rappresentato da suicidi. Una triste inversione di tendenza rispetto all’anno precedente quando avevano fatto registrare un calo del 10%. Il rischio è quello di eguagliare il 2009, l'annus horribilis  quando si registrarono 77 suicidi nei penitenziari italiani. Il numero impressionante di «auto soppressioni», come vengono definiti nelle relazioni delle guardie penitenziarie che ci devono convivere tutti i giorni, è l’aspetto più evidente di un sistema che si avvicina sempre di più a un inferno. 

«Nonostante un’aumentata umanizzazione nelle carceri – ha commentato durante una conferenza stampa – resta ancora grave il problema dei suicidi. Per questo i fondi, che ci sono, devono essere maggiormente utilizzati per l'assistenza nelle carceri e sul territorio, e non solo per la realizzazione delle strutture residenziali che andranno a sostituire gli Ospedali psichiatrici giudiziari»

Un'altra priorità, proprio per prevenire il fenomeno dei suicidi tra i detenuti è quella di attuare "un percorso di screening suicidario di prevenzione su tutti coloro che entrano in carcere e non solo su chi presenta disturbi psichici". 

Senza voler sminuire il principio in base a cui “chi sbaglia paga” non bisogna dimenticare il fatto che le carceri devono essere un luogo di rieducazione e riabilitazione sociale. Oltre che i detenuti sono persone. Che certo hanno sbagliato, ma che non possono e non devono perdere la dignità riconosciuta ad ogni essere umano.