‘L’attività dell’Associazione in aiuto dei cittadini è documentata’: parla Maria Antonietta Gualtieri, presidente di Antiracket Salento

La Gualtieri è stata ascoltata per oltre tre ore dai pubblici ministeri per difendersi dalle pesanti accuse relative al suo ruolo di Presidente dell’associazione Antiracket Salento, nell’occhio del ciclone ormai da mesi.

Ieri mattina, Maria Antonietta Gualtieri, 62enne leccese è stata sentita presso il carcere di Borgo San Nicola dov'è detenuta dal 12 maggio scorso, dai pubblici ministeri Massimiliano Carducci e Roberta Licci. Difatti, i suoi legali Luigi e Roberto Rella, a seguito della chiusura delle indagini preliminari hanno chiesto l'interrogatorio dell'indagata.
 
Anzitutto, la Gualtieri ha sottolineato come l' Antiracket Salento sia stata realmente attiva sul territorio. Dunque, la sua funzione originaria di associazione finalizzata al contrasto dell'usura sarebbe stata rispettata e messa in atto attraverso numerose pratiche, poi sfociate in procedimenti civili e penali.
 
Non solo, poiché la scelta della sede dell'Associazione Antiracket Salento avrebbe avuto il beneplacito della Giunta Comunale, riguardo i relativi lavori di ristrutturazione, la Gualtieri ha specificato di non essersi occupata né dell'affidamento alla ditta Saracino e tantomeno della rendicontazione. Nessuna truffa, attraverso false fatturazioni, ha sottolineato la Gualtieri, rapporti di collaborazione trasparenti ed attività regolarmente svolte.
 
Secondo la Procura, il Presidente dell’associazione Antiracket Salento, invece, avvalendosi dell'apporto di numerosi altri soggetti, tra inquadrati all'interno della stessa associazione e pubblici amministratori, oltre che privati imprenditori ed avvocati, avrebbe posto in essere più condotte delittuose volte al fraudolento accesso ai finanziamenti.
 
La Gualtieri risponde delle accuse di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, concussione, falso ideologico e materiale, millantato credito. Non solo, anche di associazione a delinquere nel ruolo di capo, ma anche di promotore assieme a Giuseppe Naccarelli e Pasquale Gorgoni.
 
Come afferma il gip Giovanni Gallo nell'ordinanza, "a fronte di tali nobili intenti, il progetto dell'associazione è stato orientato a lucrare tutti i finanziamenti ed emolumenti statali possibili, attraverso la continua creazione di falsi rapporti di collaborazione, falsi report relativi alle attività svolte, fatturazioni per prestazioni in realtà non eseguite e altra documentazione falsa".



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