Maxi-rissa nel carcere di Lecce tra detenuti italiani e magrebini

La violenta discussione tra detenuti italiani e magrebini nata pare per un furto di capi d?abbigliamento e cibo riaccende i riflettori su Borgo San Nicola. A denunciare l?accaduto è¨ il sindacato Osapp

Da Borgo San Nicola all’ospedale «Vito Fazzi» di Lecce. È nel nosocomio del capoluogo barocco, infatti, che sono finiti alcuni detenuti con diverse fratture, escoriazioni ed ematomi vari dopo la maxi-rissa scoppiata, nel tardo pomeriggio di ieri all’interno della Casa Circondariale, alla periferia della città. Altri invece sono stati soccorsi e medicati direttamente nell’infermeria dell’Istituto di pena.

Protagonisti, secondo una nota diffusa dal sindacato Osapp della polizia penitenziaria, alcuni italiani e magrebini. La scintilla pare che sia scoppiata dopo l’accusa rivolta dai detenuti italiani ai magrebini di aver sottratto alcuni capi di abbigliamento e alimenti dalle loro  stanze durante la libera circolazione dei detenuti negli spazi comuni, come prevede la cosiddetta «vigilanza dinamica».

La violenta discussione poteva concludersi in maniera ben più grave ed è stato solo grazie alla grande professionalità dei poliziotti operanti che si è evitato il peggio, considerando – come spiega il Segretario Provinciale Osapp Lecce Ruggiero Damato «che vi erano poliziotti ridotti per il piano ferie in corso, circostanza che di fatto costringe il prolungamento di svariate ore di servizio con notevoli disagi a tutto il sistema».

L’ennesimo episodio, nel giro di così poco tempo, riaccende i riflettori sulle carceri italiane «Questa segreteria provinciale – si legge nel comunicato stampa- ribadisce che bisogna mettere mano all’organizzazione di tale sorveglianza dinamica con supporti tecnici e informatici per avere il totale controllo e di rivedere la fornitura di capi di abbigliamento di modico valore e non di note marche, per motivi di opportunità. Sarebbe giusto un intervento legislativo».

Insomma, secondo il Sindacato il passaggio dal vecchio sistema di custodia all’attuale senza correttivi idonei, richiede «un intervento energico politico-istituzionale sia per il rinforzo di poliziotti/e penitenziari, attualmente al minimo storico (circa 10.000 uomini e donne in meno) e sia per i supporti tecnici e informatici per una efficiente sorveglianza e sicurezza di tutti gli operatori e soprattutto della polizia penitenziaria».