Omicidio Basile. Assolto anche Vittorio Colitti Senior

I giudici della Corte di Assise, presieduta da Roberto Tanisi, hanno assolto il 74enne di Ugento, ribaltando la tesi dell’accusa che aveva chiesto l’ergastolo per l’uomo, poiché ritenuto colpevole dell’omicidio volontario dell’ex politico di Idv Peppino Basile.

Un processo di primo grado che, a otto anni di distanza dai fatti, si conclude con l'assoluzione di Vittorio Colitti, dichiarato "non colpevole" dell’omicidio volontario di Peppino Basile.

Nel primo pomeriggio di oggi, la Corte di Assise presieduta dal Dott. Roberto Tanisi, a latere Anna Paola Capano, insieme ai giudici popolari, ha dunque respinto la richiesta di ergastolo avanzata dal Pubblico Ministero Massimiliano Carducci e sostenuto dalla parte civile (la sorella di Colitti, difesa dall'avvocato Francesco D'Agata, oggi sostituito dall'avv. Alberto Russi) che aveva indicato il 74enne di Ugento come colpevole della morte dell’ex consigliere comunale e provinciale dell’Italia dei Valori, avvenuto la notte a cavallo tra il 14 ed il 15 giugno 2008, fuori dalla sua abitazione di via Nizza.

Accolta, dunque, la tesi difensiva, avanzata dall’avvocato Francesca Conte, che riteneva Vittorio Colitti "non colpevole" della morte di Peppino Basile. Il difensore dell'uomo, prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, ha terminato la propria arringa difensiva. Nell'udienza precedente, aveva sottolineato l'inesistenza del movente e l'impossibilità fisica per l'anziano imputato, di infierire sulla vittima con ventiquattro coltellate; appare poi inverosimile, sempre secondo il suo avvocato, che l'uomo non si fosse macchiato di sangue o che fosse stato in grado di cambiarsi in un breve lasso di tempo ed, infine, che non fossero state trovate tracce ematiche nell'appartamento.

Oggi, l'avvocato Conte invece, si è soffermata su una delle prove principali fornite dall'accusa: la testimonianza una bambina di 5 anni, figlia dei vicini di casa di Colitti, che avrebbe confessato di aver visto Colitti Vittorio e suo nipote, ammazzare Basile, nonostante il "divieto" impostole dalla nonna di riferire l'accaduto. Lo stesso difensore sostiene "non valido" l'interrogatorio di garanzia della bimba, poiché eseguito senza seguire la corretta procedura e nel quale, comunque, ella non aveva mai pronunziato i nomi dei Colitti, ma solo indicati. L'avvocato Conte, infine, sostiene che la minore fosse stata manipolata dalla madre, nel suggerire al Pubblico Ministero di allora, di aver visto due persone uccidere il povero Peppino. La donna infatti, avrebbe sottoposto la figlia a continue pressioni, sottoponendola continuamente alla visione di telegiornali e mettendole sotto gli occhi foto ed articoli di giornale.

Ricordiamo anche che inizialmente, le indagini preliminari, che si svolsero in un pesante clima di omertà, seguirono la cosiddetta “pista Vaccaro-Bove”. Il pentito napoletano Giovanni Vaccaro si dichiarò il mandante, assieme a Rosario Padovano, dell’omicidio Basile, commissionato a Giorgio Pio Bove e Massimo Donadei, poiché Basile aveva scoperto una rete di relazioni tra il Comune di Ugento e la Scu. Vaccaro, in seguito, cambiò ripetutamente la propria versione dei fatti e fu ritenuto inattendibile.

Successivamente però, l'attenzione degli inquirenti si soffermò sul vicino di casa dell’ex consigliere IDV, Vittorio Colitti che sarebbe stato visto dalla giovane testimone. Secondo l’accusa, "Colitti senior", in seguito ad una discussione andata degenerando, colpì con numerose coltellate al torace, all’addome e ad altre parti del corpo, Peppino Basile (il PM Carducci lo definì un "omicidio d’impeto”). Il nipote del condannato, Vittorio Luigi Colitti (ovvero Colitti Junior), minore all’epoca dei fatti, fu assolto, dal tribunale dei minori, dall’accusa di aver aiutato il nonno, impedendo a Basile di sottrarsi all’accoltellamento.

Adesso che si è chiuso questo primo importante grado di giudizio, si attendono le prossime eventuali mosse degli avvocati di parte civile.



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