Operazione Diarchia su clan Montedoro: i 13 imputati scelgono riti “alternativi”

Operazione Diarchia su clan Montedoro: i 13 imputati scelgono riti “alternativi”. Dunque nessuno di loro verrà giudicato, attraverso il dibattimento del processo ordinario. Tra le “parti offese”, compaiono il Ministero dell’Interno ed il Comune di Casarano.

Tribunale penale Lecce

Scelgono tutti riti “alternativi”, i 13 imputati coinvolti nell’inchiesta “Diarchia” che nel maggio scorso, portò ad una serie di arresti. Dunque nessuno di loro verrà giudicato, attraverso il dibattimento del processo ordinario.

Nello specifico:  Tommaso Montedoro, 41enne di Casarano; Damiano Cosimo Autunno, 51enne di Matino; Luca Del Genio, 26enne di Casarano; il 31enne Antonio Andrea Del Genio verranno giudicati con l’abbreviato “condizionato”. Invece  Sabin Braho, 34enne nato a Durazzo (Albania), ma residente a Brindisi; Ivan Caraccio, 30enne di Casarano; Giuseppe Corrado, 45enne di Ruffano; Salvatore Carmelo Crusafio, 42enne nato in Svizzera, ma residente a Matino; Domiria Lucia Marsano, 40enne di Lecce; Marco Petracca, 41enne di Casarano;  Maurizio Provenzano, 46enne di Lecce che aveva il ruolo di broker e Lucio Sarcinella, 21enne di Casarano, hanno scelto l’abbreviato “secco”. Infine, Andrea Cecere, 37enne di Nardò ha chiesto il patteggiamento ed il suo legale, l’avvocato Giuseppe Bonsegna, ha “concordato” la pena di 4 anni e 3 mesi  con il pm. Adesso sarà  il gip Cinzia Vergine a stabilire se accogliere la richiesta.

È stata invece “stralciata” la posizione di Eros Fasano, 53enne nato in Svizzera e residente ad Alliste, assistito dall’avvocato Biagio Palamà.

Nei giorni scorsi, il gip Alcide Maritati ha emesso il decreto di giudizio immediato (senza udienza preliminare), accogliendo così la richiesta dei pubblici ministeri Guglielmo Cataldi e Massimiliano Carducci.

Il collegio difensivo è composto, tra gli altri, dagli avvocati: Giuseppe Bonsegna, Mario Coppola, Simone Viva, Elvia Belmonte, Antonio Venneri, Giuseppe Corleto, Attilio De Marco, Antonio Piccolo del Foro di Bologna.

Tra le parti offese”, compaiono il Ministero dell’Interno ed il Comune di Casarano.

I rapporti tra Montedoro e Potenza

Un rapporto di amicizia e di affari legava Tommaso Montedoro ad Augustino Potenza, fino a quando il business e l’odore dei soldi, ha preso il sopravvento sul legame che aveva permesso ai due, insieme, di controllare la piazza dello spaccio. Poi, infatti, secondo gli inquirenti si è verificata la rottura, tra i due, cosicché, nelle carte dell’inchiesta comparve il nome di Tommaso Montedoro, come possibile mandante dell’omicidio dell’ex socio in affari.

Augustino Potenza fu ammazzato il 26 ottobre del 2016 a colpi di Kalashnikov, nel parcheggio del supermercato di Casarano, ma le indagini non hanno fatto pienamente luce, sugli esecutori materiali e la “mente” del piano criminale.

La svolta: il tentato omicidio di Luigi Spennato

Spennato, fu vittima di un agguato, il 28 novembre 2016. Un commando formato da 2/3 persone con Kalashnikov e una mitraglietta Sten ha preso di mira l’uomo che ‘miracolosamente’ riuscì a salvarsi. Alcuni testimoni, però, avevano raccontato di aver notato i cugini Del Genio sulla scena del crimine. E su entrambi, in effetti, sono state rinvenute particelle provenienti dall’esplosione di quelle specifiche cartucce. Le stesse tracce erano state ritrovate anche sull’auto. A questa prima ricostruzione, si sono aggiunti altri indizi che dimostrerebbero come dietro l’agguato ci fosse la regia di Montedoro. Una conversazione con Luca, in particolare, lo incastra: l’uomo si raccomanda di ‘non commettere gli stessi errori del passato’ nel momento in cui avrebbero eliminato Ivan Caraccio, ritenuto inaffidabile per la sua propensione a parlare troppo. Caraccio, reo di non aver rispettato la regola fondamentale del silenzio, doveva ‘sparire’. E probabilmente sarebbe stato un caso di lupara bianca se non fossero intervenuti i Carabinieri dell che lo hanno arrestato per salvargli la vita.

Il nuovo sodalizio criminale

Quattordici persone sono state raggiunte da un decreto di fermo, nel maggio scorso e accusati, a vario titolo, di “Associazione mafiosa”, “tentato omicidio aggravato”, “Associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti”, “Detenzione di Armi”, “Ricettazione”e “Furto Aggravato”.

Secondo gli inquirenti, Montedoro controllava Casarano e i comuni limitrofi avvalendosi della personalità di Autunno e Corrado, due storici ‘sodali’ del capoclan e di Luca Del Genio, un soggetto emergente nel panorama criminale locale. Il core business del gruppo, come detto, era il traffico di sostanze stupefacenti. Quantità talmente ingenti di cocaina ed eroina che facevano fruttare fino a 750mila euro ogni due/tre giorni. Basti pensare che riuscivano a “piazzarne” diversi chili alla settimana, anche avvalendosi di emissari albanesi. La droga non era certo l’unica fonte di reddito. Il gruppo non ‘disdegnava’ le Banche, prendendo di mira gli sportelli che ‘svuotavano’ con la classica tecnica della spaccata. Un colpo – quello alla filiale della Banca Popolare Pugliese di Tuglie – è andato a segno, l’altro è andato in fumo grazie al provvidenziale intervento di un istituto di vigilanza.

La forza di intimidazione e le gerarchie all’interno del gruppo

Montedoro ha imposto la sua ‘presenza nella gestione del traffico di sostanze stupefacenti, conquistando il monopolio sul territorio anche grazie al piccolo esercito di giovani “soldati” . Erano scrupolosamente organizzati: si riunivano, a rotazione, in luoghi isolati tra Supersano e Casarano e si davano appuntamento senza utilizzare il telefono, uno stratagemma utilizzato per evitare di svelare l’esistenza di un «vincolo». Erano una Associazione mafiosa, come dimostra la gerarchia interna, la cassa comune, il forte vincolo di omertà, la forza di intimidazione e controllo del territorio, il reimpiego dei capitali illeciti attraverso l’acquisizione di attività di facciata.

Le intercettazioni ambientali e telefoniche

Le intercettazioni ambientali e telefoniche hanno fatto il resto: centinaia e centinaia di conversazioni ascoltate con attenzione fino a quando non sono stati identificati, senza ombra di dubbio, gli interlocutori e i riferimenti a persone, fatti e singoli episodi.

Per la maggior parte di essi, il Riesame ha confermato le misure cautelari, disposte dalla Procura e poi convalidate dal gip.



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