Partite di calcio “pilotate”? Riesame dice sì al carcere per Luciano Coluccia

Il 68enne di Galatina si trova agli arresti domiciliari, nell’ambito dell’operazione «offside». Secondo la Procura, l’indagato risponde assieme al figlio Danilo Pasquale Coluccia, di associazione a delinquere di stampo mafioso e frode sportiva

Il Riesame accoglie l’Appello della Procura ed applica il carcere per associazione mafiosa nei confronti di Luciano Coluccia. Il 68enne di Galatina si trova agli arresti domiciliari, nell’ambito dell’operazione «Off Side» sulle presunte partite di calcio “pilotate”.

In mattinata, dinanzi al Tribunale del Riesame (Presidente e relatore Maria Pia Verderosa, a latere Antonio Gatto e Anna Paola Capano) ha discusso il pm Guglielmo Cataldi, il quale, citando il contenuto di alcune intercettazioni, ha sostenuto il coinvolgimento di Luciano Coluccia al clan di Galatina. L’indagato è difeso dall’avvocato Luigi Greco che ha sottolineato, in aula, come dalle intercettazioni non emergano elementi tali, da ritenerlo un associato del sodalizio mafioso.

Una volta depositate le motivazioni del Riesame, il legale presenterà ricorso in Cassazione.

Gli arresti

Il pm Cataldi aveva già invocato il carcere per Luciano Coluccia, ma il gip Giovanni Gallo aveva rigettato l’istanza, disponendo soltanto i domiciliari.

Ricordiamo che il 15 maggio scorso, sono state eseguite dagli uomini della Squadra Mobile di Lecce, le misure cautelari nei confronti di Danilo Pasquale Coluccia, 37enne di Galatina (in carcere) e del padre Luciano. Secondo la Procura, rispondono entrambi di associazione a delinquere di stampo mafioso e frode sportiva.

I due Coluccia, hanno risposto alle domande del giudice durante l’interrogatorio di garanzia, fornendo la propria versione dei fatti e affermando «Siamo lontani dagli “affari” della nostra famiglia».

Il Riesame nelle settimane scorse, aveva comunque confermato le misure cautelari per entrambi.

L’inchiesta

Vista la “caratura criminale”, alcuni cittadini, vittime di furti, si rivolgevano a loro per chiedere la ‘restituzione’ degli oggetti rubati o, in alternativa, una somma in denaro come ‘risarcimento’ per il danno subito. Nessuna denuncia, come dimostrano le intercettazioni, ma una semplice richiesta al clan che si sostituisce allo Stato per ottenere giustizia. A questo, si aggiunge l’attività di recupero crediti o di protezione degli imprenditori.

Per quanto riguarda l’accusa di frode sportiva, secondo la Procura, però, papà e figlio avrebbero “comprato” alcune partite per permettere alla loro squadra di calcio di conquistare la promozione.
Il gip Gallo afferma nell’ordinanza, «Ciò che emerge è un quadro davvero inquietante della gestione dell’andamento sportivo delle partite di calcio e del campionato. E ciò che appare essere ancor più preoccupante è la assoluta “tranquillità” con la quale vengono presi accordi a perdere o a vincere singole partite, come se fosse normale in una competizione sportiva».

Nelle scorse ore, la Procura ha chiuso l’inchiesta “Offside” e risultano indagate ( oltre ai due Coluccia), altre sette persone, tra dirigenti, presidenti di squadre di calcio ed imprenditori.
Si tratta di: Lorenzo Adamuccio, 47 anni di Maglie; Alessio Antico, 37 anni di Nardò; Daniele Gatto, 38 anni di Maglie; Mauro Giordano, 37 anni di Lecce; Pierpaolo Maiorano, 26 anni di Torchiarolo, Cosimo Manta, 59 anni di Tuglie, Antonio Renis, 38 anni di Copertino.

Sono assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Giuseppe Bonsegna e Luigi Greco.