Presunta truffa ai danni di una signora senegalese: l’avvocato Francesco D’Agata resta in carcere

Il gip Cinzia Vergine ha rigettato l’istanza di scarcerazione per il 39enne leccese, attraverso apposita ordinanza. I legali di Francesco D’Agata chiedevano, invece, la scarcerazione ritenendo insussistenti le esigenze cautelari.

Resta in carcere l’avvocato Francesco D’Agata, dopo l’arresto di mercoledì 12 ottobre. Il gip Cinzia Vergine ha rigettato l’istanza di scarcerazione attraverso apposita ordinanza. I legali di D’Agata, gli avvocati Luigi e Roberto Rella, chiedevano la scarcerazione del 38enne leccese, ritenendo insussistenti le esigenze cautelari e in virtù di una serie di elementi che dimostrerebbero la “debolezza” del quadro probatorio.

Già venerdì scorso, D’Agata (tra i referenti dello “Sportello Dei Diritti”, di cui è Presidente il padre Giovanni) è stato ascoltato per oltre tre ore dal giudice nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia, respingendo ogni addebito. Il 38enne leccese ha insistito sul fatto che, in qualità di avvocato, non avrebbe mai tradito la professione e la fiducia di una cliente (è accusato anche d’infedele patrocinio).

Riguardo il reato principale di truffa aggravata, Francesco D’Agata ha ricostruito la dinamica affermando che dopo aver vinto la causa e ottenuto più di 600mila euro dal Fondo Vittime della Strada, avrebbe concluso un “patto di quota lite” (doveva essere retribuito in proporzione alle somme percepite come risarcimento del danno dalla signora senegalese coinvolta in un terribile incidente stradale). Inoltre, non ci sarebbe stata alcuna falsificazione della sentenza.

Di tutti quei soldi, secondo la Procura, la signora ne avrebbe visti soltanto “la metà della metà” come ha dichiarato Motta nel corso della conferenza stampa. Il legale, infatti, falsificando una sentenza del Tribunale di Trieste (risponde anche di falso in atto pubblico), competente a liquidare il risarcimento, avrebbe riferito alla vittima del sinistro di aver ottenuto “appena” 300mila euro, di cui l’avvocato ne avrebbe trattenuti circa 140mila, liquidando alla donna di fatto 160mila euro.

Riguardo al primo episodio di truffa contestato, da cui prese avvio l’indagine, l’avvocato ha affermato che quei soldi erano il compenso per diverse cause eseguite. Secondo la tesi della Procura, la vittima del raggiro, invece, avrebbe versato 4mila euro per pagare le spese di un ricorso in Cassazione, in realtà (come si scoprirà in seguito) mai effettuato.

Francesco D’Agata ha anche respinto ogni addebito in merito all’accusa di autoriciclaggio. L’avvocato leccese ha affermato che non c’è mai stato un giro sporco di denaro e che quei soldi gli appartenevano legittimamente, poiché facevano parte della quota a lui spettante per la causa vinta brillantemente. In base alla tesi accusatoria, invece, le somme transitate su un conto corrente intestato alla donna straniera, D’Agata le avrebbe utilizzate sia per “sfizi” personali, ma anche per pagare gli stipendi dei suoi collaboratori.

Il legale si è difeso da un’ulteriore contestazione, cioè che una parte dei soldi indebitamente trattenuti, fossero stati  trasferiti mediante bonifico su di una carta prepagata. Nelle carte dell’inchiesta risulterebbe che, secondo quanto riferito da alcuni funzionari in data 21 settembre, i due avvocati si sarebbero presentati a prima mattina davanti allo sportello della banca e avrebbero chiesto la restituzione della carta. Questa era intanto divenuta oggetto di denuncia di smarrimento da parte della presunta vittima e non fu consegnata ai due avvocati. D’Agata si è scagionato affermando che voleva soltanto capire che fine avessero fatto la carta e i soldi.



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