Processo Eclissi: 66 imputati scelgono il rito abbreviato

Erano 88, le persone in attesa di conoscere le decisioni del giudice dell’udienza preliminare. Le carte dell’inchiesta, oltre a rivelare i loro affari, come le estorsioni ed il traffico di droga, raccontano la guerra tra clan e l’intreccio con la politica.

Ben 88 imputati (leggi tutti i nomi nell'allegato) erano in attesa di conoscere le decisioni del giudice, nell'udienza preliminare relativa all'operazione "Eclissi" tenutasi in mattinata nell'aula bunker di Borgo San Nicola. Il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia, Guglielmo Cataldi, aveva chiesto per loro a metà ottobre, il rinvio a giudizio stralciando la posizione di soli tre indagati.

66 imputati saranno giudicati con l'abbreviato e si discuterà il prossimo 15 gennaio. Il 13 novembre (il giudice doveva fissare entro il 18 la data, onde evitare, per alcuni detenuti, la decorrenza dei termini della custodia cautelare), il gup Giovanni Gallo si pronuncerà sulle richieste di rinvio a giudizio, avanzate dal pm per i 20 imputati che hanno chiesto di essere processati con il rito ordinario; in quella data si conoscerà anche l'esito, per le due persone che hanno richiesto il patteggiamento della pena

Nelle carte dell’inchiesta vengono svelati anche i retroscena del suicidio di Luca Rollo, il 21enne di Cavallino che decise di togliersi la vita il 12 gennaio di due anni fa, ormai sfiancato dalle continue minacce del clan per un debito di droga non pagato. I genitori e il fratello di  Luca Rollo, (il 21enne di Cavallino che si suicidò il 12 gennaio del 2013, per minacce relative ad un debito di droga) si sono costituite parte civile, con gli avvocati Fabio Corvino e Marino Giausa ed hanno chiesto 500 mila euro. Tra le persone offese comparivano anche i Comuni di Lecce, Cavallino, Castrì, Lizzanello, Melendugno e Vernole che, al contrario hanno deciso di non costituirsi più parte civile.

Gli imputati sono difesi dagli avvocati: Giancarlo Dei Lazzaretti, Riccardo Giannuzzi, Elvia Belmonte, Ladislao Massari, Antonio Savoia,Massimiliano Petrachi  Pantaleo Cannoletta, Mariangela Calò, Cosimo Rampino, Stefano Prontera, Massimo Manfreda, Gabriella Mastrolia, Benedetto Scippa, Donata Perrone, Gabriele e Giovanni Valentini, Dario Congedo,Alessandro Costantini Dal Sant, Alexia Pinto, Walter Gravante, Davide Pastore, Stefania Sergi, Donato Sabetta, David Alemanno, Giuseppe De Luca, Ivan Feola, Mario Stefanizzi.

Negli ultimi mesi, il numero degli indagati era cresciuto in maniera esponenziale, grazie anche alle dichiarazioni del neo-collaboratore di giustizia Gioele Greco. Il 28enne leccese è balzato ultimamente agli onori delle cronaca per scottanti rivelazioni sugli affari sporchi della malavita organizzata leccese, principalmente nell'ambito del traffico di droga e della riscossione di denaro attraverso azioni estorsive ed intimidatorie. La sua scelta di diventare un "pentito", sottolineata nella lettera indirizzata alla zia, ricordiamo, ha avuto anche altri risvolti. La famiglia di Greco si è fin da subito dissociata dalla decisione del figlio ed il padre ha rimarcato il fatto che oramai i rapporti con lui sono stati interrotti da diversi anni. Ciononostante, proprio nelle ultime ore, le temute ritorsioni dei suoi ex sodali, non si sono fatte attendere.

Le carte dell'inchiesta, oltre a rivelare i loschi affari della malavita leccese, raccontano la guerra tra clan, tra i quali primeggiano quello dei fratelli Leo di Vernole e di Ivan Firenze assieme a Cristian Pepe. Oppure le azioni estorsive, contro attività commerciali per imporre il pizzo. Vi è poi informativa di reato della Dia del 21 luglio 2014. Dal documento investigativo in questione, emergerebbe che Severo Martini, comunque non indagato, in occasione della tornata elettorale del 2012 per l'elezione del sindaco di Lecce, sarebbe stato "aiutato" con i voti di persone ritenute vicine ad ambienti della Scu, a diventare assessore nella lista del candidato sindaco Paolo Perrone. Ciò sarebbe avvenuto, grazie al ruolo assunto da Mario Blago, difeso dall'avvocato Antonio Savoia, considerato «il collante tra il sodalizio mafioso capeggiato dal genero Pasquale Briganti e i vari comitati elettorali». 



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