Processo Sabr sul caporalato, ascoltati dipendenti delle aziende e braccianti

Oggi, nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola, si è tenuta un’altra udienza del processo sul sistema di caporalato che si sarebbe instaurato a Nardò. Sono stati sentiti dai giudici della Corte d’Assise, dieci testimoni della difesa.

Un altro tassello del processo Sabr sul fenomeno del caporalato, si è aggiunto quest'oggi nell'aula bunker del carcere di Borgo San Nicola.
 
I giudici della Corte di Assise di Lecce, presieduta da Roberto Tanisi, a latere Francesca Mariano, hanno ascoltato dieci testimoni della difesa. Tra di essi, alcuni dipendenti delle aziende che, secondo l'accusa, avrebbero impiegato la manodopera in maniera "irregolare" e instaurando un sistema di sfruttamento.
 
I teste hanno dichiarato che i soldi venivano dati ai lavoratori agricoli, singolarmente e ogni settimana; essi lavoravano nei campi, per una media di circa otto ore al giorno; riguardo la "posizione" dei cittadini extracomunitari, venivano verificati sia i passaporti che i permessi di soggiorno. Oggi sono stati ascoltati anche alcuni braccianti,  i quali hanno confermato di essere stati pagati regolarmente e di non avere subito alcun tipo di sfruttamento.
 
Nella prossima udienza fissata per il 17 novembre verranno sentiti altri quattro teste della difesa, richiesti dal difensore Francesco Galluccio Mezio e quelli dell'avvocato Giuseppe Cozza.
 
Le persone sotto processo sono complessivamente quindici, tra le quali otto cittadini stranieri (come la "mente" Saber Ben Mahmoud Jelassi, detto Sabr da cui deriva il nome dell'inchiesta iniziata nel 2011) e sette imprenditori salentini, tra cui Pantaleo Latino, detto Pantaluccio, titolare della Fiordifrutta. Essi devono difendersi da svariate accuse. Anzitutto, quella di associazione a delinquere, finalizzata a reclutare cittadini extracomunitari clandestini (soprattutto ghanesi e sudanesi), impiegati per la raccolta di angurie e pomodori, presso la Masseria Boncuri nelle campagne neretine.
 
Gli imputati sono accusati anche di sfruttamento e riduzione in schiavitù (come tenacemente richiesto, per quest'ultimo punto, dal Sostituto Procuratore Elsa Valeria Mignone, nonostante, il Tribunale del Riesame lo ritenesse insussistente).
 
"Sabr" prese il via dalla ribellione guidata da un giovane ingegnere camerunense, Jean Pierre  Yvan  Sagnet, presente al processo come parte civile e difeso dall'avvocato Viola Messa, che portò alla denuncia tra il 2009 ed il 2011, da parte di tredici braccianti extracomunitari, di un brutale sistema di sfruttamento. Da lì partirono le indagini dei Ros di Lecce che smascherarono una struttura piramidale costituita da: imprenditori locali che costituivano il "vertice", "reclutatori" africani, caporali e capi squadra. Anche la Regione Puglia si è costituita parte civile, difesa dall'avvocato Anna Grazia Maraschio.
 
Il collegio difensivo è composto, tra gli altri, dagli avvocati Francesco Galluccio Mezio, Giuseppe Bonsegna, Giuseppe Cozza, Fabio Domenico Corvino, Marcello Corvo,  Salvatore Donadei, Vincenzo Perrone, Lucio Calabrese, Vincenzo Blandolino, Amilcare Tana, Silvia Sabato, Antonio Romano, Antonio Luceri, Mario De Lorenzis, Ezio Maria Tarantino
 
Ricordiamo che nei giorni scorsi, la Procura di Lecce ha aperto un fascicolo d'indagine sulla morte del bracciante sudanese, Mohammed Abdullah con l'accusa di caporalato. Il sostituto procuratore, Paola Guglielmiha iscritto nel registro degli indagati due persone: Giuseppe Mariano, 74 anni, di Porto Cesareo, marito della titolare dell'azienda agricola presso cui lavorava Mohammed Abdullah come lavoratore stagionale e un’altra persona, originaria del Sudan, che avrebbe svolto il ruolo di mediatore negli arrivi in Salento dei braccianti.



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