Processo ‘Sabr’ sul caporalato, la Procura invoca 170 anni di carcere

Nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola, dinanzi ai giudici della Corte di Assise di Lecce, si è tenuta la requisitoria del pm. Gli imputati sono quindici. Molti di essi rispondono di associazione a delinquere e sfruttamento e riduzione in schiavitù

Un altro tassello del processo "Sabr" sul caporalato nella zona di Nardò si è aggiunto quest'oggi con le richieste di condanna del  Procuratore Aggiunto Elsa Valeria Mignone.
 
Nell'aula bunker del carcere di Borgo San Nicola, dinanzi ai giudici della Corte di Assise di Lecce, presieduta da Roberto Tanisi, a latere Francesca Mariano, si è tenuta la requisitoria del pm. Gli imputati sono quindici, tra i quali otto cittadini stranieri. La dr.ssa Mignone ha invocato una pena di: 14 anni per Pantaleo Latino, detto “Pantaluccio”, 62enne di Nardò, che sarebbe stato il referente per tutti i sodali; 9 anni a Marcello Corvo, 56enne, Livio Mandolfo, di 50 anni, Salvatore Pano, 60 anni, Corrado Manfredi, 63 anni, tutti di Nardò e per Giuseppe Mariano, detto “Pippi”, 78 anni, di Porto Cesareo, Giovanni Petrelli, 54enne di Carmiano. Chiesti 14 anni anche per il  "reclutatore" Saber Ben Mahmoud Jelassi, tunisino di 46 anni detto Sabr (da cui, il nome dell'inchiesta); per gli altri tunisini, 10 anni a Ben Abderrahma Jaouali Sahbi, 47 enne, 13 anni per Bilel Ben Aiaya, 33 enne; riguardo   i cittadini di origine sudanese: 10 anni a  Saed Abdellah, detto Said, 30 anni; 13 anni a Meki Adem, 56 anni; 7 anni per Nizqr Tanjar, 39enne; 10 anni per Tahar Ben Rhouma Mehadaoui detto Gullit, 42 anni; 12 anni all'algerino Mohamed Yazid Ghachir.
 
Tra i quindici imputati compaiono alcuni dipendenti delle aziende che, secondo l'accusa, avrebbero impiegato la manodopera in maniera "irregolare", instaurando un sistema di sfruttamento. Il Procuratore Aggiunto Elsa Valeria Mignone, nel corso di una lunga ed appassionata requisitoria durata circa cinque ore, ha evidenziato come gli imputati avessero creato un sistema di riduzione in schiavitù dei braccianti agricoli. La pubblica accusa ha evidenziato l'esistenza una struttura piramidale costituita da: imprenditori locali che costituivano il "vertice", "reclutatori" africani, caporali e capi squadra. La prossima udienza è stata fissata per il 13 ottobre, quando prenderanno la parola gli avvocati.
 
Durante il processo sono stati ascoltati numerosi testimoni che avrebbero corroborato la tesi accusatoria. Alcuni testi, però, avrebbero dichiarato  di essere stati pagati regolarmente e di non avere subito alcun tipo di sfruttamento.
 
Gli imputati rispondono a vario titolo ed in diversa misura dei reati di: associazione a delinquere, finalizzata a reclutare cittadini extracomunitari clandestini (soprattutto ghanesi e sudanesi), impiegati per la raccolta di angurie e pomodori, presso la Masseria Boncuri nelle campagne neretine; sfruttamento e riduzione in schiavitù (come tenacemente richiesto, per quest'ultimo punto, dal Procuratore Aggiunto Mignone, nonostante il Tribunale del Riesame ritenesse tale ipotesi di reato insussistente).
 
Invece, nella prima udienza si sono costituite parte civile: il giovane ingegnere camerunense, Jean Pierre  Yvan  Sagnet, difeso dall'avvocato Viola Messa; altri tre braccianti; la Regione Puglia con l'avvocato Anna Grazia Maraschio. La Cgil assistita da Vittorio Angiolini, la Flai Cgil (sempre con l'avvocato Viola Messa).
 
"Sabr" prese il via dalla ribellione guidata da  Sagnet, che portò alla denuncia tra il 2009 ed il 2011, di un brutale sistema di sfruttamento. Da lì, partirono le indagini dei Ros di Lecce.
 
Il collegio difensivo è composto, tra gli altri, dagli avvocati Francesco Galluccio Mezio, Giuseppe Bonsegna, Giuseppe Cozza, Fabio Domenico Corvino, Marcello Corvo, Salvatore Donadei, Vincenzo Perrone, Lucio Calabrese, Vincenzo Blandolino, Amilcare Tana, Silvia Sabato, Antonio Romano, Antonio Luceri, Mario De Lorenzis, Ezio Maria Tarantino
 
Ricordiamo, infine, che la Procura di Lecce ha aperto un fascicolo d'indagine sulla morte del bracciante sudanese, Mohammed Abdullah con l'accusa di caporalato. Il sostituto procuratore, Paola Guglielmiha iscritto nel registro degli indagati due persone: Giuseppe Mariano, 74 anni, di Porto Cesareo, marito della titolare dell'azienda agricola presso cui lavorava Mohammed Abdullah come lavoratore stagionale (implicato nel processo Sabr) e un’altra persona, originaria del Sudan, che avrebbe svolto il ruolo di mediatore negli arrivi in Salento dei braccianti.
 
L'inchiesta è oramai alle battute finali e ben presto sarà emesso l'avviso di conclusione delle indagini.



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