Progetto Resort a San Cataldo: il consigliere comunale Roberto Martella rischia il processo

Martella è accusato di ‘aver formato due presunte false deleghe a firma apocrifa’, da cui risultava che era stato autorizzato dal collega Rocco Ciardo, a votare in sua vece. La posizione degli altri sette indagati è stata stralciata ed il pm ha chiesto l’archiviazione.

Rischia di finire sotto processo il consigliere comunale Roberto Martella, nell'inchiesta sulla realizzazione di un Resort a San Cataldo. Il pubblico ministero Antonio Negro ha chiesto il rinvio a giudizio a carico del 62enne di Lecce, per il reato di falso ideologico e materiale commesso da pubblico ufficiale. Adesso, il gup designato fisserà l'udienza preliminare e in quella sede stabilirà se prosciogliere l'imputato o accogliere la richiesta della Procura.
  
Martella è accusato di "aver formato due presunte false deleghe a firma apocrifa" (risalenti al gennaio del 2014), da cui risultava che era stato autorizzato dal collega Rocco Ciardo, a votare "in sua vece", presso la commissione consiliare urbanistica, esprimendo parere favorevole al permesso di costruire della società "F31 s.r.l. Unipersonale".
  
La posizione degli altri sette indagati è stata stralciata ed il Pm ha già chiesto l'archiviazione su cui dovrà pronunciarsi il Gup. Si tratta, anzitutto del consigliere comunale Rocco Ciardo, 46 anni di Lecce, accusato di avere falsamente attestato (in un documento redatto poco tempo dopo la riunione consiliare e presentato presso il Comune) che Martella aveva ricevuto da lui, la delega a votare il giorno prima della riunione. Luigi Maniglio, 66enne di Lecce, dirigente dell'Ufficio Tecnico; Riccardo Loiacono, 53 anni di Surbo, responsabile del procedimento per il permesso di costruire; Valentina Battaglini, 49enne leccese, funzionaria della Regione; l'architetto e progettista Paolo Caputo, 67 anni originaria di Battipaglia; Luciano Ostuni 56 anni di Lecce, nelle vesti di consulente urbanistico; Maria Domenica Fauzzi, 78 anni originaria di Noci ma residente a Lecce, amministratrice della società che si è occupata del progetto. Caputo, Ostuni e Fauzzi rispondevano di falsità ideologica in certificati.
  
Secondo l'accusa, nel progetto presentato nel 2012 al Comune, avrebbero dichiarato che il Resort avesse la stessa volumetria del vecchio Hotel. In particolare, attestando la presenza di un ex teatro che, pur facendo parte del progetto del lontano 1949, in realtà non fu mai realizzato né censito. Non solo, anche dell’“Arena cinematografica lido San Cataldo”, “computando pertanto, volumi di fatto inesistenti, come volumi da recuperare nel progetto di ristrutturazione”. Infine, l'esistenza di sei negozi al piano terra, invece di otto che avrebbero comportato un ampliamento di 290 metri quadrati. La Fauzzi, attraverso i propri legali Massimo Manfreda e Pierluigi Portaluri, ha presentato una corposa memoria difensiva, sottolineando di aver riportato le informazioni presenti nel Bando relativo all'Avviso d'Asta dell'Agenzia del Demanio e di non avere avuto alcuna consapevolezza in ordine agli sviluppi plano-volumetrici.
Anche Caputo, attraverso gli avvocati Luigi e Roberto Rella, ha depositato un'articolata memoria difensiva  per dimostrare l'insussistenza del reato di falso, a lui contestato.
 
Invece, Loiacono rispondeva di "falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale" ed " errore commesso dall'altrui inganno". I pm contestavano all'indagato, la veridicità di quanto affermato nella Relazione Istruttoria presentata alla Conferenza dei servizi, alla Commissione consiliare ed al consiglio comunale, in merito ad alcuni dati tecnici. Inoltre, si sarebbe "macchiato" di quattro omissioni, giustificando così il ricorso alla variante urbanistica: la presenza di altre quattro zone dove poter realizzare il resort; la distanza di 36 metri dal mare; l’altezza di oltre 14 metri, incompatibile con i vincoli paesaggistici; l'impossibilita dei vigili del fuoco, ad esprimere il parere di competenza.
  
Nell'avviso di conclusione delle indagini veniva infine contestato l'abuso di ufficio, a carico dell’architetto Maniglio e della dirigente regionale Battaglini: erano accusati di aver dato parere favorevole al progetto, pur in mancanza delle aree da destinare a parcheggi privati ed a standard urbanistici, quali verde e parcheggi pubblici.
  
Le indagini sono state coordinate dal procuratore aggiunto Antonio De Donno e dal sostituto procuratore Antonio Negro e condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria. Fondamentale ai fini investigativi, la consulenza dell’ingegnere Pier Paolo Fiorentino. L'inchiesta intendeva fare chiarezza sul progetto dell'Aparhotel al posto del vecchio Hotel Bellavista, davanti alla pineta dell’“Ostello della Gioventù”. Erano previste  40 camere con cucina per un totale di 120 posti letto, un ristorante ed una piscina. Gli inquirenti, però contestavano alcune violazioni di carattere urbanistico e un tentativo di superare gli eventuali ostacoli, costituti dal piano regolatore per San Cataldo.
  
Roberto Martella è difeso dal legale Andrea Sambati; gli altri indagati sono assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Massimo Manfreda, Pierluigi Portaluri, Marcello Petrelli, Luigi Rella, Stefano De Francesco, Fritz Massa.



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