Prosciolto da ogni accusa noto pneumologo leccese. Finisce bene la disavventura giudiziaria di Domenico Toraldo

Otto anni di attesa per un noto medico salentino prima di vedersi escluso dalle indagini di una maxi inchiesta per truffa e corruzione. Il giudice lo proscioglie.

A volte succede, potrebbe dire qualcuno, ma qualcun altro potrebbe aggiungere che succede troppo spesso. E così avviene che per otto lunghi anni si resti imbrigliati nella rete di un’inchiesta giudiziaria che alla fine si risolve con un’archiviazione.

E’ lo strano caso del medico leccese Domenico Maurizio Toraldo, pneumologo stimato e riconosciuto, con un profilo scientifico di livello internazionale che si è ritrovato in una grande inchiesta giudiziaria dalla quale è uscito senza alcun ombra.

Ma torniamo ai fatti. Toraldo il 18 dicembre scorso è stato prosciolto, la sua posizione archiviata per non luogo a procedere. Un giudice terzo ha valutato la situazione e lo ha escluso dall’inchiesta nella quale, accidentalmente, era finito.

Ma non basta la notizia dell’estraneità ai fatti del professionista, perché spesso accade che al rilievo dato all’iscrizione nel registro degli indagati di una persona (una persona qualsiasi) non corrisponda poi adeguato e altrettanto clamoroso rilievo nel momento del suo proscioglimento, o in alcuni casi, della sua assoluzione.

Ecco perché è giusto dare spazio in misura uguale e contraria alla notizia dell’archiviazione per non luogo a procedere di Domenico Toraldo.

Lo pneumologo “precipita” nel vortice delle indagini della procura di Bari nel maggio del 2007. I Nas dei carabinieri sono impegnati a trovare i riscontri, 19 medici sono oggetto di indagine in ben 7 province italiane (Bari, Roma, Milano, Torino, Napoli, Lecce, Rieti), in più ci sono 26 imprenditori e 2 infermieri, tutti accusati a vario titolo di truffa, associazione e delinquere, corruzione e concussione in ordine all’uso di bombole di ossigeno e ventilatori polmonari.

L’inchiesta cambia la vita del medico leccese. Per otto anni la sua professionalità, la cortesia, la disponibilità, le sue cure attente, le diagnosi tempestive, condite da venature di grande umanità vengono coperte, se non addirittura sommerse, dal sospetto, dall’imbarazzo, dall’angoscia, dal giudizio. La sua carriera appare compromessa, lo sguardo dei colleghi è severo, in taluni casi infastidito.

Ed ecco gli effetti immediati di un giudizio non ancora compiuto: il soggetto, sottoposto ad indagine, si trova inevitabilmente in un limbo professionale. Si sente quasi costretto a rinunciare alla vita pubblica, o a ricoprire incarichi di rappresentanza in circoli o associazioni di cui è sempre stato parte attiva e dinamica. E il tempo intanto trascorreva, al passo di una lenta angoscia, fra disagio e avvocati difensori.

A fasi intermittenti qualche testata giornalistica aggiornava sul caso, con aggiunta di particolari dell’inchiesta e tornavano i nomi, la gogna, la ribalta spiacevole dell’Enzo Tortora di turno.

 Poi, alle porte del Natale, arriva un giudice terzo e dice che lui (Toraldo) non c’entra niente, che era lì, in quel registro di indagati, solo per sbaglio; ma sono passati 8 anni, e peccato che quegli anni non torneranno più.



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