Tentata estorsione ai danni di un imprenditore edile, arrestati in due

Due uomini, già conosciuti dalle Forze dell’Ordine, sono stati arrestati con l’accusa di tentata estorsione, aggravata dall’aver agito con modalità mafiose. Un imprenditore ha denunciato il fatto e da lì sono partite le indagini della Polizia.

Denunciare tentativi di estorsione per cercare di mettere un freno alle piaga sociale dei ricatti che sempre più spesso vengono perpetuati ai danni di imprenditori, soprattutto nel nostro territorio. È questo l’accorato appello che istituzioni e Forze dell’ordine rivolgono giorno dopo giorno ai cittadini. In tutto il 2014, ad esempio, c’è stata solo una denuncia per estorsione che ha portato all’arresto di due uomini. Si tratta di Francesco Lipari, detto “il Sogliola di Lecce” (nomignolo affibbiatogli per la sue misure esili di qualche tempo fa)  45enne leccese, già conosciuto per precedenti in materia di traffico di stupefacenti, e Antonio Calò, 31enne neretino residente a Surbo.

I due sono stati catturati, con l’accusa di tentata estorsione, aggravata dall’essersi avvalsi di modalità mafiose, dopo la denuncia, avvenuta lo scorso 25 settembre, da parte di un imprenditore che è a capo di una impresa edile incaricata dell’installazione di impianti idrici ed infrastrutture stradali. Le indagini hanno preso il via subito dopo quella data. Nella circostanza l’uomo ha riferito agli agenti che, il giorno precedente, presso il cantiere di Surbo da lui gestito, una persona, che si presentava appunto come “il sogliola di Lecce”, aveva avvicinato un suo dipendente a cui riferiva di volere, dal titolare, la somma di 5mila euro, necessari (come da lui riferito) “per far mangiare gli amici”, minacciando di dare fuoco agli automezzi dell’azienda.

L’estorsore in questione sembrava molto informato sulla “vita” dell’azienda e sui luoghi in cui (sempre in altre località della provincia di Lecce) venivano eseguiti i vari lavori giorno dopo giorno. Il giorno seguente l’uomo, nel frattempo identificato dalla Squadra Mobile, ha avvicinato nuovamente il dipendente della ditta, chiedendogli se avesse riferito la richiesta e intimandogli di non parlarne per telefono. Il dipendente riconosceva nell’autista dell’auto (il complice del Lipari) un giovane che alcuni mesi prima era stato coinvolto in un incidente con un mezzo del cantiere. Il 26 settembre “il Sogliola” si è presentato nuovamente al cantiere, scagliandosi con minacce contro il titolare dell’impresa ed il suo dipendente dicendo che, se fosse stato denunciato, avrebbe “fatto volentieri sette anni di galera”, ma appena uscito si sarebbe vendicato. Questa minaccia era stata accompagnata da calci sferrati con violenza contro una macchina della ditta.

Nell’ordinanza di custodia cautelare il Gip ha riconosciuto nel comportamento degli indagati, che facevano riferimento alla necessità di “far mangiare gli amici” ed dalla minaccia di bruciare i mezzi dell’impresa, l’aggravante dell’aver agito con modalità mafiose. L’ordinanza è stata emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari Dr. Giovanni Gallo su richiesta del P.M. Dr. Carmen Ruggiero. “Invitiamo gli altri imprenditori a seguire questo esempio e a non aver paura di eventuali ritorsioni”. È questo l’appello fatto oggi a margine della conferenza stampa, che si è tenuta presso gli Uffici della Questura di Lecce, da parte del vicequestore aggiunto, Sabrina Manzone.



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