La tempestività delle ricerche ha permesso, a meno di una settimana, di emanare già tre provvedimenti di custodia cautelare (emessa dal GIP Alcide Maritati su richiesta del Pubblico Ministero Stefania Mininni). Delle indagini-flash, quelle avviate dai Carabinieri del Comando Provinciale leccese, che hanno avuto bisogno di pochi elementi nel ricostruire la vicenda in maniera circoscritta. L’agguato subito dal 27enne Giovanni Calignano, lo scorso 16 Maggio, vede indagate così tre persone: due per tentato omicidio, un’altra per tentata estorsione aggravata. Ma come sarebbero arrivati a loro i militari? Semplice, attraverso alcune testimonianze e, soprattutto, grazie ad un filmato che avrebbe immortalato i presunti colpevoli nel momento della sparatoria. Non solo. Utilissimi i tabulati telefonici messi al setaccio dagli investigatori, da cui si è riuscito a localizzare lo spostamento di entrambi prima dell’atto criminoso.
Da subito, però, il cerchio aveva cominciato a stringersi intorno agli arrestati: Francesco Russo, 64enne già noto, il figlio Giampiero e un uomo di origini siciliane. A quanto è emerso, ci sarebbe un giro di estorsione all’origine del gesto che ha portato in Calignano, 27enne del posto e anch’egli volto già noto. Aspetti, questi, ripetuti nella conferenza stampa odierna avvenuta presso la sede dei Carabinieri di via Lupiae, nel capoluogo salentino. Ad illustrare i dettagli dell’operazione, il Procuratore Antonio De Donno. In sostanza Calignano – sempre secondo quanto ipotizza la Procura – avrebbe accettato la richiesta di “protezione” da parte di un imprenditore locale. Costui pare fosse vittima del tentativo di estorsione da parte dei due Russo, ovvero i destinatari dell’accusa di tentato omicidio del “protettore”.
Dopodiché, avrebbero fatto perdere le loro tracce. Finché gli uomini dell’Arma – dopo aver prima raggiunto nel novarese Angelo Caci, di origini siciliane e ritenuto complice delle attività di natura estorsiva – non hanno scovato padre e figlio in un appartamento di Lecce. Ora gli arrestati, nelle vesti di presunti responsabili, dovranno chiarire agli inquirenti i lati ancora oscuri della vicenda e portare all’individuazione di chi materialmente abbia premuto il grilletto all’indirizzo di Calignano, “reo” a quanto pare di aver difeso una vittima di tentata estorsione. Anzi, stando a quanto riferito dalla pubblica accusa sembra proprio che a sparare, materialmente, sia stato il padre Francesco.
«Ci riserviamo di verificare ulteriormente i contorni della vicenda – ha specificato De Donno davanti alla stampa locale – e, di conseguenza, tutto ciò che vi gira intorno. Ancora però non abbiamo informazioni a sufficienza per delineare un quadro specifico».