‘Caravaggio e i caravaggeschi nell’Italia Meridionale’. Al Castello di Otranto la mostra su Merisi e la sua influenza

La mostra si snoda intorno alla bellissima tela ‘Ragazzo morso da un ramarro’ del Merisi. Sarà possibile visitare l’evento al Castello Aragonese della città dei Martiri dall’11 giugno al 24 settembre, tutti i giorni dalle 10.00 alle 24.00. Nell’ambito della mostra

Piazza de’ lumi entro il gran fiotto d’ombre”, con questo icastico endecasillabo, Roberto Longhi sintetizza la rivoluzione di Michelangelo Merisi noto con il nome di Caravaggio. Oggi, grazie al fiuto alla sensibilità e al coraggio di questo sommo studioso abbiamo il privilegio di conoscere ed apprezzare il genio del pittore lombardo.

L’artista, disprezzato nel suo tempo (Poussin arriverà a dire: «questo è venuto ad ammazzare la pittura»), a lungo dimenticato, viene esaltato da Longhi come «il primo pittore dell’epoca moderna». Longhi è lo studioso audace che ha cambiato radicalmente il modo di vedere il Rinascimento, riletto Giotto e Masaccio, riscoperto Piero della Francesca, riabilitato Caravaggio, “inventato” l’Officina ferrarese. Ma fu anche cacciatore d’arte, connaisseur, consulente di musei e privati, come i Contini-Bonacossi, e collezionista attento egli stesso. Alla sua morte nel 1970, per volontà testamentaria, ha lasciato "per vantaggio delle giovani generazioni" la collezione d'arte, la fototeca e la biblioteca custodita nella villa di via Fortini a Firenze, dove oggi ha sede la Fondazione che porta il suo nome.

Ed è proprio alla passione di Longhi per Caravaggio che  il Comune di Otranto e Civita Mostre dedicano, nelle sale e negli spazi del Castello, la mostra Caravaggio e i caravaggeschi nell’Italia meridionale a cura di Maria Cristina Bandera, direttrice scientifica della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi.

La rivoluzione longhiana nella scoperta e rilettura delle opere del Merisi parte dal lontano. Nel 1911 si laurea a Torino con Pietro Toesca discutendo una tesi di laurea su Caravaggio a cui seguirà la celeberrima mostra organizzata a Milano su Caravaggio e i caravaggeschi nel 1951 e il volume monografico sul maestro lombardo nel 1952, ripubblicato nel 2013 per i tipi di Abscondita nella collana Carte d’Artisti. Ancora  nel 1953 curò l'esposizione milanese I pittori della realtà in Lombardia in cui venne esplorata una tendenza espressiva che ha caratterizzato per diversi secoli quest'area artistica.

La sua operazione rimane in assoluto straordinaria nel liberare Caravaggio da una retriva e classicistica connotazione antiborghese, traghettando il genio lombardo nella estetica del ‘900, orientata alla esaltazione dei tratti  innovativi, espressivi e luministici del genio milanese. Così l’incipit del celebre saggio del 1952 "Non può sorprendere che, per una vicenda tormentosa e sciagurata come quella del Caravaggio, gli storiografi del Seicento più romanzevole e del più romantico Ottocento si industriassero a trasformarne ogni passo, fin dai princìpi, ad uso di un ritratto spiccatamente popolare (ciò che per essi suonava 'plebeo') e cioè adatto a spiegare la spregiudicata e, si diceva, 'indecorosa' naturalezza dell'artista.

Fu così che il Caravaggio, già da ragazzo, in Lombardia, si tramutò in figlio di muratore, in rimestatore di calcine e preparatore di colle per gli imbianchini milanesi.” Ormai sappiamo quanto il ritratto di artista venuto dal nulla sia ormai da rigettare completamente, avendo il Longhi rintracciato per primo le ascendenze culturali e i rapporti personali che il Merisi intrattenne con le committenze più altolocate dell’epoca, dai Borromeo, ai Colonna, a Del Monte, Giustiniani, Mattei, Sforza, oltre a Confraternite e Ordini cavallereschi.  Così viene restituito il ritratto di un genio, delineato nella sua carica prorompente e innovativa, scevro da sovrastrutture romantiche. Dalle intuizioni di Longhi molti studiosi hanno approfondito la biografia e la produzione di Caravaggio, arrivando talvolta all’eccedenza opposta con un catalogo rimpolpato talvolta in eccesso ( a questo proposito esilarante il saggio di Tommaso Montanari “La madre di Caravaggio è sempre incinta”)

La mostra di Otranto si snoda attorno al capolavoro Ragazzo morso da un ramarro del Merisi, acquistato dal Longhi verso il 1928. Esiste una seconda versione del dipinto più tarda alla National Gallery di Londra. Il dipinto fu realizzato nei primi anni romani mentre Caravaggio alloggiava presso monsignor Pandolfo Pucci o probabilmente quando lasciò la bottega dal Cavalier d’Arpino per lavorare in proprio come afferma il biografo Giovanni Baglione. Databile dunque al 1596-97, prima delle committenze del cardinal Del Monte, il quadro rappresenta uno snodo importante per la vicenda critica: rappresenta l’istantanea in cui un giovinetto in pose effemminate (un autoritratto?) viene pizzicato da una lucertola che sbuca tra petali e frutti.

E’ un quadro straordinario di sintesi: per un verso mostra la smorfia di sorpresa del giovane secondo l’indagine degli affetti, dei moti d’animo di ascendenza leonardesca, studiati in gioventù a Milano, per altro verso indugia con il suo pennello sugli effetti di luce lenticolare e minuziosa sui particolari, dalla natura morta, al vaso con l’acqua alla sensualità della carne e dei tessuti. L’iconografia del memento mori è sottintesa nel porre attenzione al pericolo che si nasconde sotto la bellezza caduca dei petali sfioriti. Longhi amava molto questo quadro, a tal punto che lo ritrasse in un disegno.

L’influenza di Caravaggio nella pittura meridionale è stata straordinaria e questo fu dovuto principalmente alla vicenda biografica del pittore che, dopo l’omicidio di Ranuccio Tommasoni nel 1606, inseguito dal bando capitale, iniziò la sua fuga tra Napoli, la Sicilia e Malta, per poi morire nel 1610 all’Argentario, e costellando di capolavori la sua disperata peregrinazione. In mostra al Castello di Otranto anche i capolavori, sempre provenienti dalla collezione Longhi, che testimoniano la fortuna delle novità pittoriche di Caravaggio e della nascita dei pittori caravaggeschi.

Saranno in mostra le tele che raffigurano gli Apostoli, del giovane Jusepe de Ribera, e la Deposizione di Cristo di Battistello Caracciolo, il principale caravaggesco napoletano, che qui da prova di un’ardita e chiaroscurata composizione dal taglio fotografico.  Ancora sarà possibile ammirare  David di Andrea Vaccaro e il drammatico San Girolamo del Maestro dell’Emmaus di Pau. Sarà in mostra il caravaggesco Matthias Stom, a lungo attivo in Sicilia, che sintetizza l’impianto nordico olandese con il colorismo drammatico.  Sono inoltre presentate opere di Lanfranco, del Maestro dell’Annuncio ai pastori, di Filippo Napoletano e di Giacinto Brandi. Il percorso si conclude con due capolavori di Mattia Preti, il cavalier calabrese, che ottempera una formazione classicista, virando verso un più convincente caravaggismo.

Nell’ambito della mostra è infine prevista la proiezione del film di Mario Martone dal titolo L’ultimo Caravaggio (durata 40‘), realizzato nel 2004, nel quale il grande regista ricostruisce, con dettagli dei dipinti e immagini girate delle periferie napoletane, la vicenda artistica ed umana del Caravaggio nei suoi ultimi anni, vissuti nell’Italia meridionale.

La mostra sarà visitabile al Castello Aragonese di Otranto da domenica 11 giugno a domenica 24 settembre. Tutti i giorni dalle 10 alle 24.
 
Maria Agostinacchio



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