Si celebra la Giornata dei Beni Comuni: a Lecce visita alla Chiesa della Natività della Vergine

Lecce celebra l’evento con l’apertura straordinaria di un gioiello sconosciuto, la visita speciale alla Chiesa della Natività della Vergine detta Della Nova, nella centralissima via Idomeneo quasi all’incrocio con la via Palmieri.

Il 13 maggio 2018 si celebra la Giornata dei beni Comuni. Un piccolo esercito di volontari con tante iniziative per promuovere Un piano nazionale per i beni minori che coinvolgeranno direttamente i cittadini per sensibilizzarli sull’importanza di tutelare il nostro patrimonio culturale e paesaggistico minore.

E Lecce non poteva non rispondere con l’apertura straordinaria di un gioiello sconosciuto, la visita speciale alla Chiesa della Natività della Vergine detta Della Nova, nella centralissima via Idomeneo quasi all’incrocio con la via Palmieri. L’apertura al pubblico è stata resa possibile grazie alla sinergia delle istituzioni religiose e civili che hanno inaugurato un nuovo corso di collaborazione per diffondere la cultura e il dialogo anche attraverso le opere d’arte.

L’Arcivescovo Metropolita di Lecce Mons. Michele Seccia e il Sindaco di Lecce Carlo Salvemini hanno condiviso il progetto di Italia Nostra e finalmente sarà fruibile lo splendido gioiello architettonico non solo il 13 maggio ma anche durante la manifestazione Cortili Aperti prevista per il 26 e 27 maggio.

Leccenews24 ha incontrato Mario Maestoso, appassionato cultore di arte e in particolare conoscitore della città di Lecce. Insieme abbiamo visitato in anteprima la Chiesa della Natività della Vergine detta Della Nova, suggestionati da una bellezza mozzafiato. Michele Paone ci racconta nelle “Chiese di Lecce” che “Le domenicane della Nova, come i leccesi comunemente chiamavano e chiamano quel monastero, decisero di ricostruire anch’esse [ndr. Come le alcantarine e le paolotte] la chiesa loro che era ab antiquodedicata alla Natività della Vergine”.

Il convento era famoso per lo zelo religioso delle claustrali, alle cui preghiere si era rivolta perfino Isabella D’Aragona, duchessa di Bari e poi regina di Polonia, per la figlia Bona Sforza, e il convento aveva ricevuto cospicue elargizioni, numerosi doni e grandi elemosine. Una leggenda affermava che la primitiva chiesa fu costruita dove era ubicata la reggia di Idomeneo, genero di Malennio, fondatori della città di Lecce.

All’inizio del secolo XVIII la chiesa originaria era alquanto rovinata e nel 1740 fu chiesto al Vescovo di Lecce di demolirla. A seguito dell’acquisto di una rettifica di area da un proprietario confinante, le Monache nel trentennio successivo decisero di demolire l’antica fabbrica e ricostruire l’attuale chiesa. I lavori iniziarono nel 1770 e si conclusero nel 1783. Il tempio fu consacrato e aperto al culto da Giulio Pignatelli Arcivescovo di Otranto, essendo vacante la cattedra di Lecce per la morte del vescovo Sozy Carafa, come ricordano le due epigrafi latine poste alle spalle dell’altare. L’Architetto della chiesa fu Carlo Salerni marchese di Nevano residente a Lecce dal 1775, ingegnere degli eserciti, piazze e trincee del re di Napoli, membro attivo della locale Accademia degli ”Speculatori”.

I lavori furono affidati ai capimastri Vincenzo Schiavella di Copertino e Nicola Parisi di Lecce per la somma di 842 ducati e 58 grana.

L’esterno ha una facciata che ci obbliga ad uno sguardo obliquo e teatrale, si presenta articolata e ondulata, una scenografica scansione di pieni e vuoti a forma poligonale, divisa in due da una cornice dentellata che poggia su quattro lesene corinzie sormontate da pinnacoli a forma di vasi fiammeggianti e raccordate tra di loro da cinque festoni sagomati. La cornice del fastigio prosegue lungo tutto l’edificio dal lato di via Idomeneo, dove si imbatte nelle arcatelle sospese, forse un lacerto della antica chiesa demolita.

Al centro della facciata il finestrone è sormontato da un festone che lo incornicia in alto con al centro una conchiglia. Si erge sulla cornice del fastigio il timpano tra le ali dell’arco tronco. L’interno, per dirla con Paone, “più simile ad un ridotto teatrale che ad una navata”, è costituito da un’unica navata a pianta ellissoidale con un’abside sullo sfondo e con una semplice cantoria lignea nella controfacciata. Oronzo Tiso fu incaricato dell’abbellimento dell’interno con quattro tele, collocate negli altari laterali, sormontati da nicchie strombate. Le tele, ora presenti in copia nella chiesa, rappresentano “S. Giuseppe”, “San Nicola di Bari”, “La Vergine Addolorata” e la “Vergine con San Domenico”. Sull’altare maggiore la pala ovale della “Natività della Vergine”, conservate al Museo Diocesano di Lecce.

A metà dell’800 furono  aggiunti due altari che si fronteggiano al centro della navata dirimpettai di stile neoclassico.Per l’altare maggiore le Monache commissionarono per la somma di 150 ducati a Pasquale Cartolano ed allo scultore Angelo Viva, ambedue di Napoli, un tabernacolo che doveva essere di ”marmo in un sol pezzo”. Si presume che l’opera sia stata asportata o mai realizzata. Quello attuale in situ è in pietra leccese. La copertura è ad un’unica campata di capriate che reggono la volta carenata, decorata da bellissimi stucchi policromi e polimaterici. Tra le finestre degli angeli di cartapesta di splendida fattura. La fabbrica è sormontata da un campanile a doppie campane, semplice a vela. Sul Lato destro l’ex convento delle domenicane, strettamente legato alla chiesa, è di proprietà della Fondazione Memmo.

Durante la visita speciale abbiamo osservato con passione tutti i particolari e tante sono le domande che attendono risposta: l’orientamento della antica chiesa, le cui murature sono inglobate in un ambiente alle spalle dell’altare, il rinvenimento di tracce di affreschi…un altro straordinario manufatto su cui indagare.

L’arte e la storia di Lecce e della nostra meravigliosa Italia sono la nostra vera ricchezza.



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