Il rapporto tra vuoto e spazio in Valeri Tarasov, l’artista che lavora di notte

La critica d’arte Maria Agostinacchio presenta per leccenews24.it la mostra di Tarasov al Museo Storico della Città di Lecce che sarà visibile fino al 26 novembre 2016.

Vuoto-spazio-vuoto-spazio una dialettica snocciolata dagli albori del rapporto con la proiezione di immagini. Ma poi, in fondo, cosa è un quadro se non il cristallizzarsi a piacimento del rapporto tra vuoto, pieno e spazio attraverso il segno dell’artista?

Valeri Tarasov preferisce lavorare di notte ed è questa cifra meditativa che presiede al suo operare. La scelta del formato quadrato ci orienta nella dimensione dello spirito, in cui si supera la proiezione prospettica dello spazio per transitare in quella emozionale e cromatica. Il quadrato è un crocevia tra l’astrazione e la forma perfetta e garantisce una familiarità archetipica che semplifica l’approccio visivo.

Il pensiero diventa colore e tre linee di orizzonte non ne denotano il tempo ma ne sanciscono la contemporaneità. Gli accordi, come in musica, suonano e vibrano contemporaneamente e l’armonia si rinsalda nella dimensione metafisica dell’altro, non estraneo o sconosciuto, semplicemente l’altro che è in noi.

E’ una scoperta lenta e meditata, un po’ come un incedere pensoso. Ci si perde alla ricerca del proprio accordo, ci si immerge negli inserti miniaturistici, eppure non si subisce uno spaesamento, nulla è estraneo al flusso della coscienza, quando essa è libera. Un albero, un uomo, un elefante, un cane, una sedia, una bicicletta, un gioco, una casa, un cartello, e tante silhouette realizzate a collage, popolano silenziose e immote i paesaggi di Tarasov. Non dialogano e, seppure in movimento, non transitano: esistono prima e dopo nella dimensione della campitura, del contorno, dell’idea.

L’insieme che popola il colore,  galleggia sulla superficie, abitando i filari cromatici che accordano una prospettiva simultanea. E ci riconosciamo in una postura, un profumo, un ricordo. Così spazio e vuoto, in Tarasov, non coabitano come luoghi fisici ma meta-fisici, le cui identità non si mescolano con la drammaticità del quotidiano, ma si sospendono in una dimensione lirica; la pausa, il vuoto, vive in continuità con la nota, il pieno, e concorrono all’equilibrio evocato nella regione della memoria interiore.

(Maria Agostinacchio)



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