Premio Barocco, tra Vip e Santi, il miracolo di Patron Cartenì

Ha gli occhi lucidi Fernando Cartenì, padre dell’evento, mentre ci racconta la storia del premio. Commosso si apre ai nostri microfoni svelandoci un segreto prima custodito gelosamente per poi parlarci del suo sogno nel cassetto.

Le note del gruppo di pizzica Alla Bua aprono il Premio Barocco, che si è svolto ieri sera nel cortile del Castello Angioino. Abiti da Gran Galà e musica popolare dipingono un paradosso intorno al Terzo Paradiso di Pistoletto, opera d’arte donata dall’artista alla Città di Gallipoli e che riposa ora nel ventre del maniero.

La conduzione di questa 47esima edizione è stata affidata a Francesco Giorgino, anchorman di Rai1, affiancato da una divina Maria Grazia Cucinotta e tra i premiati spiccano nomi internazionali come quello di Gino Strada, ma anche del Maestro Amedeo Minghi e della cantante Gigliola Cinquetti .

Sarà che il traguardo del mezzo secolo è vicino ma sul volto dell’ideatore del premio si vede una luce particolare, un entusiasmo ed una commozione che creano empatia e simpatia per questo personaggio forse controverso ma sicuramente interessante. Il volto gentile di un innovatore che ha portato la sua rivoluzione in città con savoir-faire ed energia. L’intuizione del Cartenì arrivò già nel ’64 mentre seguiva dalla chiesa di S.Francesco D’Assisi  il Festival di Sanremo e, ironia del fato, quella sera cantava proprio la Cinquetti, ‘Non ho l’Età’.

Idea  immensa e ben inserita nel contesto di quei favolosi anni ‘60, il Patron ebbe l’intraprendenza di concepire un prodotto che il pubblico gallipolino avrebbe accolto con partecipata curiosità. Cartenì si accorse che stava venendosi a creare una nuova classe sociale di gallipolini, complice il boom economico di quegli anni: un pubblico colto che si sarebbe reso platea ideale di un premio che, fin dalla sua nascita, ambiva allo sfavillio dei lustrini ed agli annali  della storia dello spettacolo.

Ebbe così inizio,nel 1969, la storia del Premio Barocco.
 
Abbiamo parlato con il deus ex machina della manifestazione, Fernando Cartenì.

Quando ha iniziato a pensare al Premio era un seminarista, diceva in conferenza stampa. Ha però messo nel suo progetto una passione che solo un uomo innamorato può avere: era effettivamente innamorato di qualcuno?
(Ride) Ma che domanda è?

Dai, mi risponda con la verità!
Sì, ero innamorato della donna che poi è diventata mia moglie. Me ne sono innamorato quando frequentavo la terza media solo che quando sei ragazzino non capisci subito certi sentimenti. Io sono ‘cattolicissimo’ ed ho frequentato dunque il seminario ma tra Fede e Vocazione c’è una grande differenza. L’amore per Marcella ha segnato l’intero corso della mia vita ed è un amore che ancora oggi mi scalda il petto. Il mondo cattolico è comunque intrecciato alla storia del Premio, l’intuizione mi venne di concerto con l’amico fraterno Don Luciano Solidoro.  Amico e compare, ha cresimato mio figlio Andrea che ormai è, ci tengo a dirlo, colonna portante del Premio Barocco.

Quanto è importante il Premio per la Città di Gallipoli?
Tantissimo. Penso di avere un qualche merito se la nostra città è diventata un fenomeno internazionale. Non dimentichiamo che per  18 anni la diretta del Premio Barocco ha aperto i palinsesti estivi della Rai, raggiungendo anche la quota di 6 milioni di telespettatori. Si può pensare che una cassa di risonanza di tale portata non abbia avuto alcun ruolo nella crescita turistica del posto?

Perché non c’è più la diretta Rai?
Perché purtroppo siamo stati abbandonati dalle amministrazioni. Per offrire alla rete televisiva uno spettacolo che rispetti determinati standard sono necessarie risorse di cui attualmente non disponiamo. Non voglio fare polemica ma devo dire che sono amareggiato dal fatto che nessuno dei candidati alla carica di sindaco abbia speso una parola su questo evento che per decenni ha dato lustro alla nostra città. Prima di essere premiato da noi Alberto Sordi non sapeva dell’esistenza di Gallipoli.

Come dovrebbe comportarsi un’amministrazione virtuosa nei confronti di una manifestazione tanto significativa?
Indubbiamente coinvolgendo i paesi limitrofi ma anche e soprattutto costituendo una fondazione. La Notte della Taranta sopravvive perché l’intera Melpignano collabora. Ci vogliono sinergie importanti per portare avanti un evento del genere.

Questa latitanza amministrativa che ci sta raccontando non le ha però fatto perdere entusiasmo e passione…
Mai, io ‘sono malato’ per questa città (Sorride). Pensi che venni colpito da un male terribile ma andai dal Padre Eterno per chiedere di non portarmi via perché dovevo organizzare il Premio!

E si direbbe che l’istanza sia stata accolta!
La strada non è stata per nulla facile, durante un’edizione avevo l’ago della chemioterapia  nel corpo. Renzo Arbore mi chiese da dove riuscissi a prendere la forza ed io gli risposi che la mia forza era l’Amore viscerale che nutro per questo posto.

Ha detto che è molto credente, ha fatto una preghiera in particolare mentre era malato?
Ora ti dico una cosa che ho raccontato solo al Vescovo e a pochi altri intimi. Sai, io ho subito sei interventi e ad un certo punto ero stanco. Mi stavano preparando per la sala operatoria ed io dissi a mia moglie che non volevo più operarmi, che volevo tornare a casa. Mancavano dieci minuti all’arrivo dell’anestesista ed io ero pronto a tagliare la corda quando – improvvisamente – ho visto comparire sul muro davanti a me il volto di Padre Pio. Prima di quel momento ero disperato, piangevo e pensavo ai miei figli ma quell’apparizione mi ha dato la serenità di affrontare l’intervento. Credo che sia stato un miracolo, io lo vivo così.

Ha un sogno per il futuro del Premio?
Vorrei che tornasse ai fasti delle 40.000 presenze nel porto, è questo il mio sogno. Per il resto ci pensa il Signore, questo premio-tanto per citare la Cinquetti- ‘non ha età’ e resterà giovane per sempre.

E noi ci auguriamo che il sogno di Fernando possa realizzarsi presto e lo ringraziamo per aver condiviso con noi e con i nostri lettori pezzi di vita così densi di emozioni. Ci vediamo tra un anno, magari al porto!

Armenia Cotardo



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