Scusi, che vuol dire ‘mai pe iabbu’? Le espressioni salentine intraducibili raccolte in un libro

‘Mai pe iabbu’ è titolo del volume edito dalla casa editrice Manni che raccoglie le principali espressioni del nostro dialetto impossibili tra tradurre. Il libro verrà presentato questa sera a Caprarica di Lecce.

Ogni lingua ha le sue particolarità, ogni dialetto le sue espressioni. Non fa eccezione quello salentino che, anzi, conta tra le espressioni alcune tra le meno traducibili dell’intero  panorama linguistico locale d’Italia.

Veri e propri modi di dire che non conoscono una diretta traducibilità in lingua italiana e che spesso per farli comprendere a chi il dialetto nostrano non lo capisce sono necessari giri di parole e metafore argute.

‘Bbampare’, ‘fazza Diu’, ‘malesciana’, ‘squariare’: sono queste solo alcune tra le espressioni raccolte nel libro “Mai pe iabbu”, edito dalla casa editrice ‘Manni’ e che verrà presentato questa sera presso la masseria ‘Li Stali’ di Caprarica di Lecce. L’evento prenderà il via alle ore 20.30 e vedrà gli interventi di Piero Manni, curatore del volume, di Giusi Cariati, dirigente scolastico e di Franco Ungaro, operatore del mondo del teatro.

Le oltre quaranta espressioni salentine raccolte nel libro raccontano di una lingua che nel corso dei secoli ha assimilato il modo di vedere e vivere il mondo da parte dei salentini, abitanti di un lembo di terra crocevia di culture e speranze.

All’interno del volume poi, alcune interpretazioni personali dei più folcloristici modi di dire secondo il punto di vista numerosi personaggi pubblici del Salento: Alessandro Barbano, Davide Barletti, Cesko degli Apès la Classe, Antonio Errico, Elisabetta Liguori, Antonio Prete, Livio Romano, Simona  Toma, Edoardo Winspeare, persino Paolo Perrone e Cataldo Motta e molti altri ancora hanno cercato di spiegare a modo loro come intendere frasi ed espressioni tre le più usuali e divertenti del nostro dialetto.

Il dialetto è storia, cultura, modo di essere e di fare. Parlare nella propria lingua, la lingua della propria terra, non è sintomo di maleducazione, ma è sinonimo (nei casi ammessi, si intende) di senso di appartenenza. Noi salentini lo sappiamo bene: ognuno a suo modo vive e usa il dialetto per non perdere quel legame strettissimo che la nostra terra sa creare con i suoi figli.

Conoscere, usare e parlare il dialetto è questione di cuore, e per chi non lo vuole capire… ‘mai pe iaabbu’.



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