Una mattina la cassetta delle lettere sarà piena, mentre quella successiva resterà vuota: si chiama “recapito a giorni alterni” la nuova strategia aziendale voluta da Poste Italiane che ha deciso di “ottimizzare” la consegna della corrispondenza rivoluzionando un po’ il sistema. Ma la scelta che stando alle promesse non avrebbe influito sull’efficienza del servizio, sta mostrando tutti i suoi limiti: bollette, multe, comunicazioni importanti o semplici missive raggiungono le case dei cittadini quando ormai è troppo tardi. E le proteste si fanno sempre più pungenti. Insomma, la razionalizzazione del personale che ha comportato una riduzione del 30% dei portalettere, sta provocando la paralisi del servizio.
Lo denuncia, in una nota, anche Slc Cgil secondo cui la privatizzazione di Poste viene fatta pagare ai cittadini, ma anche ai lavoratori che sono ormai nel caos più completo.
“Spiegare quello che sta succedendo e quali siano i buchi neri nella nuova organizzazione postale – si legge nella nota – è complicato, ma la considerazione che nasce è quella che forse ci sia una volontà politica e aziendale a dismettere una parte del servizio di recapito dal 2020, anno in cui Poste non avrà più riconosciuto il contributo per il servizio universale, e forse sta pensando di riposizionarsi su un mercato di prodotti postali con un alto valore aggiunto”.
Per Slc Cgil l’atteggiamento di Poste, al di là delle dichiarazioni di rito "che tutto va bene", non aiuta a capire se la situazione potrà avere un cambio radicale. Per questo, dopo il nulla di fatto dell’incontro tenutosi a Roma nei giorni scorsi che ha dimostrato la poca percezione della realtà sulla qualità del servizio e del lavoro che si ha a livello centrale, di fronte a tutti i disservizi che si registrano quotidianamente in periferia, la Segreteria Nazionale sta proclamando una nuova stagione di lotta.