Chi lo avrebbe mai detto che un ‘cetriolo di mare’ può valere quanto o forse più dell’oro? Nessuno. Eppure le oloturie – creature davvero bizzarre chiamate in gergo cetrioli di mare proprio per la loro forma che, neanche tanto vagamente, ricorda quella del più ben noto ortaggio – sono considerate, soprattutto in Oriente, una prelibatezza. Oltre ad essere un alimento ‘pregiato’ in cucina, viene utilizzato anche nel campo della cosmesi e della medicina, per via delle sue proprietà.
Tant’è che il loro prezzo, in paesi come la Cina, può oscillare tra i 10 e i 600 dollari al chilo, mentre alcune specie particolarmente pregiate possono arrivare a costare fino a tremila dollari.
Facendo così tanta gola, non solo al palato, è inevitabile che le oloturie diventino, loro malgrado, protagoniste di un indiscriminato giro di affari. Dalla richiesta nasce, a cascata, la pesca indiscriminata.
Ultimamente, anche sulle coste pugliesi e salentine qualcuno ha ben pensato di fare “razzia” di cetrioli di mare. Qualche mese fa, ad esempio, lungo il litorale dell’area marina protetta di Porto Cesareo, ne sono stati sequestrati più di 150 chili. Tantissimo, considerando che il limite massimo di catture consentite giornalmente a un singolo pescatore subacqueo è di cinque chili.
Una ‘scoperta’, unita a tante altre nel territorio, che aveva spinto la piattaforma Progressi a lanciare una campagna, promossa dal Comitato "Salviamo le Oloturie" per chiedere alle istituzioni nazionali e locali di vietarne la pesca e sanzionarne il traffico illegale su tutta la costa del Salento.
Le denunce, riprese dalle testate giornalistiche locali e nazionali, i maxi-sequestri che si sono registrati in molte zone della Puglia, sono cronaca degli ultimi giorni. Da qui l'apertura di un fascicolo. È stata, infatti, avviata – come riferisce Progressi in una nota stampa – un'indagine conoscitiva per far luce sulla vicenda che interessa anche le coste pugliesi.
« ha dichiarato Elvira Tarsitano, docente di biologia animale all'Università di Bari e presidente dell'Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi – rappresenta un rischio per la sopravvivenza degli stock naturali presenti nel Mediterraneo e pone problemi legati ad un sovrasfruttamento della risorsa con gravi implicazioni sia tipo ambientale che igienico-sanitario».
«Il caso sollevato in Puglia mostra tutta la potenzialità dell'attivismo digitale – afferma Vittorio Longhi, direttore di Progressi – Una campagna di dimensioni locali può rivelare implicazioni che vanno oltre i confini in cui nasce la vertenza. Noi diamo voce ai cittadini per amplificare le loro denunce».
Delle 377 specie conosciute di oloturie, sedici sono considerate già a rischio di estinzione secondo la Lista rossa dell’Iucn.