Andare a scuola prima era un privilegio riservato ai figli maschi o alle femmine più grandi o ‘di buona famiglia’. A chi non poteva permettersi ‘il lusso’ di sedersi tra i banchi era riservato un altro privilegio, quello di apprendere un mestiere. ‘Impara l’arte e mettila da parte‘ si diceva allora e forse anche oggi, in giorni in cui si rischia di perdere questo patrimonio inestimabile fatto di manualità, sacrificio e dedizione. Una donna, poi, doveva per forza saper cucire e andare dalla sarta era la tua unica uscita concessa. I versi di Miriam Perrone, come un affresco, dipingono quelle immagini.
La fimmina era sapire cusire
e alla sarta la faciane scire…
Rriavane la matina mprima
e truavane na signorina sulla trentina…
Tante caruseddre,tutte sulle seggie, cu lu cuttone allu cueddru
e lu ticitale allu ticitieddru.
Ti uardavane fissa quandu trasivi,
poi ti presentavi e una ti iddre ddintavi…
Passave giurni interi a cusire,
puru quannu lu tiempu si mintia a chiuire.
Sulamente la scaramanzia purtava cu nu taia lu martitia e lu vinirdia,
sino lu vestitu capisutta issia…
La gente ci la sintia!
Dru vestitu a pacare rimania…
La mescia la scaramanzia l’era rispettare,
ci ulia cu bessa na mescia ca a dire ti tutti,sapia fatiare!
Traduzione
La donna doveva saper cucire
e perciò la facevano andare dalla sarta.
Giungevano nel suo laboratorio al mattino presto
e trovavano una signorina sulla trentina…
Tante giovincelle, tutte sedute sulle sedie,
con il cotone al collo e il ditale al mignolo.
Ti guardavano fissa quando entravi,
poi ti presentavi e diventavi una di loro.
Si trascorrevano giorni interi a cucire,
anche quando si metteva a piovere.
Soltanto per scaramanzia non si tagliava e cuciva il martedì e il venerdì,
altrimenti il vestito sarebbe uscito certamente male…
E i clienti chi li avrebbe sentiti…
Non avrebbero pagato quel vestito…
La ‘maestra sarta’ doveva rispettare quella regola della scaramanzia
se voleva essere per davvero una maestra apprezzata da tutti!