Le processioni religiose non sono semplici parate di fede, ma riti antichi, solenni, carichi di simbolismo e sudore. In molti paesi, tra cui Lecce, portare in spalla i simulacri dei santi patroni è da sempre considerato un onore, una vocazione, quasi un’eredità spirituale. Un gesto che unisce comunità e memoria, sudore e preghiera, carne e spirito. Ma oggi, a poco meno di un mese dai festeggiamenti in onore di Sant’Oronzo, San Giusto e San Fortunato, Lecce si scopre orfana di “spalle forti”.
La città è alla ricerca di nuovi portatori: 24 giovani in tutto, otto per ciascuna delle tre statue dei santi patroni. E per trovarli l’assessore al Welfare, Andrea Guido, ha lanciato un appello accorato ai suoi cittadini, dando per primo l’esempio: ««Scusate: facciamo 23, perché il primo ad offrirmi sono io. Quest’anno scelgo di essere utile e non sfilare tra le autorità. Rinuncio a questo mio privilegio, ma ne acquisisco un altro, forse più congeniale al mio modo di essere»». Un gesto che vale più di mille parole.
Quando la tradizione chiede muscoli
Nel secolo scorso, si facevano addirittura delle “aste” per guadagnarsi il privilegio e l’onore di portare i santi sulle spalle. Oggi, complice l’inevitabile avanzare dell’età dei portatori storici, quella tradizione rischia di scomparire. I carrelli, in molte processioni, hanno già preso il posto delle braccia. Ma a Lecce no, non ancora. Non senza prima cercare. L’appello è rivolto a tutti, ma strizza l’occhio a chi frequenta le palestre, a chi si allena ogni giorno perché questa è una chiamata al cuore. E ai muscoli. Certo, il vero motore resta la volontà, la devozione, il senso di comunità, ma servono forze fresche, spalle forti e braccia vigorose per sostenere le statue e aiutare i vecchi portatori che a causa dell’età non sono più in grado di sostenere i pesanti simulacri dei nostri santi patroni.
Una processione che pesa, ma vale
«Quello dei portatori non è un mestiere. È una vocazione. E non sbiadisce col tempo», ricorda Guido. Ma le forze sì. E allora tocca a chi può, a chi ha l’età, la salute e magari anche la passione per mettersi al servizio. E se un tempo si offrivano soldi, oggi il “compenso” è tutto in chiave wellness: Panino con mortadella, acqua e frullati proteici, bibite energetiche e proteine.
Dietro l’appello dell’assessore si legge una questione più grande: che fine faranno le tradizioni se nessuno le eredita? Se i giovani smettono di partecipare, chi porterà domani quei santi che oggi ci proteggono, ci uniscono, ci rappresentano? Lecce non vuole arrendersi. E il messaggio è chiaro: c’è bisogno di voi.
Le adesioni, per ora, sono poche. Ma c’è ancora tempo. E forse anche questo articolo può essere un piccolo seme. Perché non c’è fitness migliore del prendersi cura della propria storia. E perché portare un santo sulle spalle non è solo un esercizio di forza, ma un atto d’amore collettivo.
Chi ha cuore – e bicipiti – si faccia avanti.
Lecce chiama.
I suoi santi aspettano.