Canone Rai, la tassa più indigesta dagli italiani è¨ al centro delle polemiche. Ma per gli spot tv


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“Il canone si deve/vede” questo lo slogan scelto per pubblicizzare quest’anno la scadenza dei termini per versare il canone Rai (gli utenti sono chiamati a rispettare la data del 31 gennaio per non incorrere nelle more), non è risultato molto simpatico ai più, sebbene si scherza “simpaticamente” sugli effetti che può portare il gesto – che tanto verrebbe spontaneo agli utenti: stracciare l’avviso di scadenza con relativo bollettino di pagamento.
Ma, negli ultimi giorni, ad essere al centro delle polemiche non è stata la tassa in sé, quanto proprio gli spot. A dire la sua in una nota divulgata mediante i social network è il Coordinamento Gruppo IndigneRai, un movimento di lavoratori Rai che liberamente esprimono le proprie opinioni . “Le tasse si sa, sono odiose, quella del canone, sembra essere la più indigesta per molti – si legge su Facebook -Quando arriva è un brutto momento, che si rende più cupo con il conto per la realizzazione degli spot, con l'accollo di colpa e tassa a nostro carico. Ancora una volta, qualcosa non quadra e in periodi bui è ben far luce, vederci chiaro”.
 
Insomma, piovono critiche sulla gestione e realizzazione della pubblicità che sta andando in onda sugli schermi degli italiani “Gli spot, sono 2, forse 3 – si legge ancora nella nota a firma del Movimento IndigneRai – realizzati all'insegna del colpo di genio e della creatività, ma una smorfia unanime, stavolta senza dubbi, ne accompagna il giudizio. Le polemiche sul fatto bene o male, o sull'utilizzo dei minori sono personali, discutibili (come qualcuno dice degli spot tra l'altro), ma su una cosa c'è certezza: la matematica, da sempre impietosa, con i suoi numeri non lascia spazio ad incertezze”. E da qui la critica dura “Come quei 120.000 euro del costo finale, che valgono doppio in un periodo di crisi come questo. Per carità, far bene un prodotto di 30 secondi non è economico, ma se pensiamo che la creatività è nostra mentre il resto tutto in appalto, allora la smorfia diventa dolore e rassegnazione perché evidenzia e ribadisce la sfiducia dei dirigenti RAI nei confronti del personale che provano a gestire. Ma sono 600 i dirigenti, ce la faranno vedrete”.
 
Insomma, spese proprio non adeguate in tempi di crisi e se poi si pensa che gli spot sarebbero costati meno se fatti “in casa” la rabbia monta “sarebbe costato meno se avessimo avuto – scrivono ancora da IndegneRai – direttori della fotografia, strumenti per le riprese e parco luci, teatri di posa, montatori, correzione colore…magari con Da Vinci, trucco e parrucco, direttori di produzione, addetti al gobbo, 3D, fonici, i registi poi, manco a parlane…Già, li avessimo avuti tutti, ci sarebbero costati quasi nulla quegli spot, giusto gli attori. E se invece degli attori ci fossero stati i personaggi veri, quelli che la televisione la fanno tutti i giorni? Parte di quel mondo affascinante che ha ancora un pizzico di magia, la nostra RAI. Quella con cui siamo cresciuti ed ancora oggi, nonostante tutto, conta ancora qualcosa, per tanti è LA TELEVISIONE”. 
Amara la conclusione “Ecco, in questi spot, noi non ce la vediamo la nostra Rai, non se ne coglie il sapore e le intenzioni, e avrebbero dovuto esserci con quel conto da 120.000 euro. Caro. Un prezzo giustificato solo dal fatto che nessuno di noi ci ha lavorato e, proprio per questo, diventa ingiustificabile, incomprensibile e odioso come la tassa che richiama”.