A forma di ‘pupa’, di galletto, di panierino, di cuore. Quanto sono buone le coddrure!

La poetessa salentina Emanuela Rizzo dedica una poesia alla coddrura salentina, il tipico dolce della Pasquetta e della gita fuori porta.

La tradizione vuole che in Salento nel giorno di Pasquetta si consuma la Coddura (io l’ho sempre chiamate Cuddhrure)

Il termine “coddura” deriva dal greco e significa “corona” ed è legato probabilmente a una delle forme classiche di questo dolce salentino, composto da ingredienti semplici, che assomiglia ad un grosso tarallo intrecciato.

Le sue origini sono da ricondurre al mondo contadino, essendo il dolce pasquale tipico delle classi meno abbienti, e veniva preparato dalle massaie che si riunivano insieme, mettendo in comune vari ingredienti prelevati dalle loro povere dispense. Questo tipico pane zuccherato, preparato anche in altre zone del Sud Italia, poteva avere forme diverse a seconda del messaggio che voleva simboleggiare. Tra queste, le più tradizionali sono: la “pupa”, a forma di bambola, regalata di norma alle ragazze in segno di prosperità e fertilità; “lu cadduzzu”, a forma di gallo, regalato ai ragazzi in segno di virilità e forza; “lu core”, regalato agli innamorati per l’augurio di una gloriosa vita insieme.

Tutte queste tipologie avevano un uovo sodo al centro, legato da nastrini colorati e da piccole strisce di pasta. Oggi la coddura viene preparata anche con altre forme, a seconda della creatività di chi la prepara. Tendenzialmente, inoltre, questo dolce veniva regalato ai bambini e non si poteva mangiare prima della benedizione della messa della Pasqua. La tradizione vuole che essa venga consumata il giorno di Pasquetta.

Cuddrhure

Ci sape tie se sai
de piccinni comu
spettavamu
le cuddrhure.
Ca poi nun eranu bone
comu li pecurieddri,
ma eranu belle,
a forma de panarino,
de caddruzzu, de pupa,
de colomba de l’amore.
Lu prufumu de ove
ca se sentia,
intra casa e pe la via.
Le cuddrhure,
pe mie e pe fratuma,
nu mancavano
mai, a Pasquareddra
a casa mia.
La nonna ni le nducia
e na gran festa
se facia.

(In foto le cuddrhure di Ada Colazzo)