Restrizioni per Coronavirus nel palazzo di giustizia. Donadei attacca: «Se siamo in pericolo, si sospendano le udienze»


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Serpeggia il malumore tra gli addetti ai lavori dei palazzi di giustizia a seguito dell’emanazione delle direttive di contenimento del Coronavirus. I provvedimenti decisi nelle scorse ore dal Presidente della prima sezione penale, Roberto Tanisi, in attuazione del decreto legge governativo avevano suscitato la reazione di una parte degli avvocati, non convinti della funzionalità delle misure previste.

Una tra tutte, la possibilità di celebrare i processi a porte chiuse con ingresso degli avvocati in coppia e il mantenimento di una distanza di sicurezza di due metri dal giudice. Adottate inizialmente per la sola prima sezione penale, le misure sono al momento operative anche nelle udienze civili del tribunale di via Brenta.

Ma all’estensione delle restrizioni si è affiancato un allargamento del raggio delle polemiche, sollevate a più riprese per evidenziare l’inadeguatezza dell’indirizzo adottato. I maggiori rilievi critici sono, difatti, connessi alla presunta incapacità delle misure di evitare assembramenti, oltre alle ulteriori lungaggini burocratiche derivanti dall’iter procedimentale previsto.

Aspre critiche sono state sollevate dall’avv. Salvatore Donadei, Presidente della Camera Civile Salentina e Coordinatore Regionale Camere Civili di Puglia. “Sulla scia di quanto rappresentato dall’Unione Nazionale delle Camere Civili, riteniamo che tali modalità costituiscano un oltraggio alla dignità degli Uomini, prima ancora che dei Difensori”, esordisce Donadei.

Cittadini ed avvocati ammassati come bestie al di fuori di aule nelle quali si entra ad uno alla volta, evidentemente per il timore, più che del contagio, della possibile attribuzione della relativa responsabilità. Avvocati e Cittadini italiani respinti da Tribunali della Repubblica perché provenienti da zone evidentemente ritenute a rischio in quella di destinazione, sebbene non risulti che la loro libertà di circolazione sul territorio nazionale fosse stata limitata nelle forme di legge. La credibilità del mondo della Giustizia – continua polemico – è conseguenza della serietà dei suoi comportamenti, e non solo del livello delle sue sentenze, e quelli cui stiamo assistendo non sempre sembrano essere tali”.

Poi la proposta: “Se la celebrazione delle udienze costituisce un pericolo, per le condizioni in cui si lavora e per l’afflusso di utenza, le si sospenda, perché un contagio contratto fuori dall’aula non è più lieve di quello che si può contrarre dentro”. Le condizioni delle sedi dei tribunali civili e penali sarebbero, a suo dire, inidonee a garantire la sicurezza degli avvocati anche a causa “dell’assenza di servizi igienici come il sapone liquido”.

Circostanza non in linea con le disposizioni del decreto legge e in contrasto con le indicazioni del Ministero della Salute che ha tenuto a ribadire l’importanza della cura dell’igiene nei luoghi pubblici e affollati. Infine, Donadei lancia un appello nei confronti del Consiglio dell’Ordine, l’organo protettivo della categoria forense, affinchè “Intervenga, senz’altro indugio ed esprima la propria posizione in merito alla situazione igienico-sanitaria delle sedi del tribunale civile e penale, perché di questo passo, l’avvocato andrà anche in costituzione, ma nella prassi resterà inesorabilmente, e colpevolmente, l’ultima ruota del sistema-giustizia”.