Il Decreto Flussi, lo strumento normativo italiano che stabilisce annualmente le quote di ingresso per lavoratori non comunitari per motivi di lavoro stagionale e non stagionale, è tornato al centro del dibattito con le recenti programmazioni del Governo Meloni. Se da un lato il provvedimento mira a rispondere a un’effettiva esigenza di manodopera da parte di specifici settori produttivi, dall’altro si è trasformato in un fertile terreno per organizzazioni criminali e malaffare, creando un meccanismo di irregolarità che, in certi aspetti, ricalca le dinamiche del traffico di esseri umani.
Nella sua concezione, presenta innegabili vantaggi per l’economia italiana, stretta nella morsa della denatalità e del mismatch tra domanda e offerta di lavoro in settori chiave come l’agricoltura, il turismo e l’assistenza domiciliare (badanti)che lamentano da anni una carenza cronica di personale. Il Decreto offre una via legale e strutturata per l’ingresso di lavoratori necessari a mantenere attive queste filiere. Allo Stato il compito di monitorare gli ingressi, conoscere l’identità dei lavoratori e la loro collocazione sul territorio, favorire un’integrazione più ordinata rispetto agli arrivi irregolari via mare.
Nonostante le buone intenzioni, l’applicazione del Decreto Flussi è afflitta da profonde e radicate criticità, in particolare legate al fenomeno del malaffare organizzato.
Il problema principale non è l’ingresso in sé, ma il business speculativo che si genera attorno alla presentazione delle domande ( “click day”).
La complessità e la rapidità della procedura hanno fatto emergere in molti casi una rete di intermediari, agenzie e falsi consulenti che operano in modo illecito. Questi richiedono ingenti somme di denaro (migliaia di euro) ai cittadini stranieri in cambio della promessa di un posto in graduatoria e di un nulla osta. Spesso, il denaro viene pagato in anticipo, trasformando la richiesta in una vera e propria “merce”.
È il cuore della frode.
Molti datori di lavoro presentano contratti di lavoro fittizi (o, in gergo, “chiamate”). Questi contratti non corrispondono a un reale bisogno di manodopera, ma vengono stipulati con il solo scopo di ottenere il nulla osta, che legalizza l’ingresso in Italia del lavoratore: Ed è così che si arriva al Titolo di Soggiorno una volta ottenuto il visto d’ingresso grazie al nulla osta fraudolento.
Il lavoratore, arrivato in Italia, scopre che il posto di lavoro non esiste o è simulato, trovandosi di fatto sfruttato o abbandonato. A quel punto, l’irregolarità da formale (il contratto non è reale) diventa sostanziale (il lavoratore è senza impiego e può finire nel lavoro nero).
Ed è così che con il Decreto Flussi hanno creato una nuova e subdola forma di traffico di esseri umani, che sostituisce o affianca il trasporto via mare.
“Prima, le persone erano trafficate via mare con il barcone; ora, l’operazione è legalizzata dal governo sulla carta, ma il giro di affari illeciti è ugualmente elevato, se non maggiore”, afferma più di qualcuno.
Non si tratta più del trasporto clandestino via mare, ma della vendita di un documento legale (il nulla osta) che consente l’attraversamento della frontiera. Il rischio fisico è ridotto, ma lo sfruttamento economico e la vulnerabilità del migrante rimangono elevati. I datori di lavoro che partecipano alla frode sono spesso parte attiva in un sistema che lucra sulla disperazione. Essi di fatto fungono da “garanti” truffaldini per l’ingresso di persone che, una volta arrivate, sono lasciate a sé stesse o costrette ad accettare condizioni di lavoro in nero o sfruttamento.
Si dovrebbero potenziare quindi i sistemi telematici per rendere più difficile l’inserimento di pratiche multiple e per tracciare con maggiore trasparenza gli intermediari e applicare sanzioni penali e amministrative durissime per i datori di lavoro che presentano domande fittizie, equiparando l’atto a una forma di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina o di truffa aggravata.