Tanti auguri, nonni! Una poesia per ricordare gli angeli custodi delle nostre famiglie

Lucia C. Antonazzo ha voluto prendere per mano i lettori di Leccenews24.it per sottolineare questa Festa nazionale e non lasciarla cadere nel dimenticatoio della disattenzione e dell’indifferenza

La Festa nazionale dei nonni e delle nonne d’Italia fu istituita con la legge n. 159 del 31 luglio 2005, quale momento per celebrare l’importanza del ruolo svolto dai nonni all’interno delle famiglie e della società in generale. ‘Angeli del focolare domestico‘, furono chiamati negli atti preparatori di quel dispositivo di legge che oltre al senatore Francesco Pontone ha avuto come cofirmatario il deputato leccese Ugo Lisi. Un tributo ad una figura fondamentale della famiglia che si celebra il 2 ottobre di ogni anno proprio nella giornata in cui si festeggiano i Santi Angeli Custodi.

Le misure di contenimento al coronavirus e le casse vuote delle amministrazioni comunali hanno cancellato le tante iniziative che negli anni scorsi si dedicavano nelle pubbliche piazze ai nonni e alle nonne e solo nelle scuole resta traccia di questo importante appuntamento che il calendario sottolinea.

Lucia C. Antonazzo ha voluto prendere per mano i lettori di Leccenews24.it per sottolineare questa Festa nazionale e non lasciarla cadere nel dimenticatoio della disattenzione e dell’indifferenza con un ricordo dedicato ai suoi nonni, un ricordo in versi che ci porta indietro nel tempo ma che ci tiene ben radicati nei giorni nostri proiettandoci anche su quelli che verranno.

La masseria

Li cristiani ca stìane alla masseria
Venìane le pijane cullu tranu
Scìane tutte ddoi, la nonna e la zia
E chianu chianu se lluntanàvane de Martanu.

Portàvane puru la majina de cusire
Ca moi la tengu intra a casa mia
Lu rumore ca facìa érive sentire
Quandu giurnu e notte la nonna mia cusìa.

Cazzi e camise tajàvane e nfiamàvane
Mutande reggipetti gonne e mantili
Ca le rrobbe purtroppu mai bastàvane
Ca alle famije avìa tanti fili.

E dopu ca facìane tutte le cusiture
La massara cu le fije se le spicciàvane
Se tiràvane a ssule tutte le nfiamature
Ttaccàvane li fili e se le stiràvane.

Alla nonna e alla zia li pagàvane la sciurnata
E a fiate li dìane na pezza de pecorinu
Ca allu nonnu miu li piacìa ncerata
La mangiava culle fave e nu bicchieri de vinu.

La fattoria (trad.)

Le persone che stavano alla fattoria
Venivano a prenderle col carro (trainato da un cavallo)
Andavano tutte e due, la nonna e la zia
E piano piano si allontanavano da Martano.

Portavano pure la macchina da cucire
Che ora ho io in casa mia
Il rumore che faceva avreste dovuto sentire
Quando giorno e notte la nonna mia cuciva.

Pantaloni e camicie tagliavano e imbastivano
Mutande reggiseni gonne e grembiuli
Che gli indumenti purtroppo non bastavano mai
Che nelle famiglie c’erano tanti figli.

E dopo aver fatto tutte le cuciture
La padrona di casa con le figlie se le finivano
Tiravano per proprio conto tutte le imbastiture
Legavano i fili e se le stiravano.

Alla nonna e alla zia pagavano la giornata
E a volte davano loro anche una forma di pecorino
Che a mio nonno piaceva “cerata” (semistagionata).
La mangiava con le fave e un bicchiere di vino.



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