Quando si parla di violenza sulle donne non bisogna mai abbassare la guardia. Lo dimostrano i numeri, ancora troppo alti, delle persone che si sono ritrovate a combattere con un ‘mostro’ dalle mille identità. Può nascondersi dietro il volto di un amico, di un compagno o di un marito. A volte anche di uno sconosciuto, ma se la violenza (fisica e psicologica) non ha passaporto, in molti casi ha le chiavi di casa. Ogni 72 ore, nel nostro Paese, una donna perde la vita. E a togliergliela è un conoscente, soprattutto un partner. Un marito, un compagno che trasformano il posto dove più ti dovresti sentire al sicuro in un incubo, in una prigione. In casi estremi, in una tomba.
Non bisogna abbassare la guardia anche per un altro motivo. Quasi sempre ci sono dei segnali, delle avvisaglie che per paura o per mancanza di coraggio vengono ignorate, sminuite. Ma ci sono casi in cui l’aggressività si manifesta all’improvviso, quando meno te lo aspetti, da chi meno te lo aspetti. Per questo, la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, fissata dalle Nazioni Unite il 25 novembre, è importante. Serve ad alzare la voce contro il silenzio, a parlare contro chi ti vorrebbe far tacere. A sensibilizzare su un problema grave. Gravissimo. Ma come è cominciata questa ricorrenza?
Le sorelle Mirabal e la storia della “Giornata contro la violenza sulle donne”
Non è una data scelta a caso, ma legata al 1960. È stata voluta per ricordare le sorelle Mirabal, le tre «Mariposas», (farfalle) morte per aver osato criticare apertamente la tirannia di Rafael Leonidas Trujillo, il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos per oltre 30 anni. Era il 25 novembre, quando Patria, Minerva e María Teresa, conosciute come attiviste del “Movimento 14 giugno”, un gruppo politico clandestino, furono fermate per strada dagli agenti segreti del dittatore mentre stavano andando a trovare i mariti imprigionati, trascinate in una piantagione di canna da zucchero, uccise a bastonate, rimesse in macchina e gettate in un burrone dai loro carnefici che speravano di mascherare quella brutale violenza con un incidente.
Nessuno ha mai creduto a quella versiona, anche perché il Dittatore non ha mai nascosto il suo odio per le “rivoluzionarie”. In una visita a Salcedo disse: «Ho solo due problemi: la Chiesa cattolica e le sorelle Mirabal». L’assassinio scosse il paese che aveva sopportato per trent’anni la sanguinosa dittatura di Trujillo. La terribile notizia si diffuse come polvere, risvegliando coscienze in letargo.
Questo giorno serve a ‘ricordare’ che con il coraggio si può lottare.