C’era un personaggio dei fumetti all’italiana che aveva un nome romantico e misterioso, si chiamava Mister No, era un antieroe e si opponeva ai torti e alle violenze, a modo suo, in modo sbrigativo, a volte un po’ goffo, ma sempre efficace.
Ebbene il secondo nome che potremmo dare al Salento di oggi è proprio Mister No. E sapete perché? Perché tutti si oppongono a qualcosa, niente si salva dal no secco e deciso che viene urlato ad ogni possibile intervento. Il Salento è diventata la terra del no. Le ragioni, condivisibili o meno, non importano più di tanto, fatto sta che in questa Provincia è impossibile pensare di modificare l’assetto geomorfologico del territorio.
Costruire qualcosa, prevedere un insediamento produttivo, immaginare un percorso industriale è diventata un’odissea. Questa è la realtà e le motivazioni che hanno portato a questa strutturale opposizione a tutto sono ben note.
Negli ultimi 40 anni troppe sono state le scelte sbagliate e dannose che questa terra ha dovuto subire, troppi i torti, le malversazioni, i soprusi, gli sfregi. Dall’abusivismo edilizio alla realizzazione di mega impianti sputa veleni che hanno finito con l’arrecare gravi danni all’ambiente e alla salute dell’uomo.
Il caso Taranto, il caso Brindisi, il caso Lecce. Taranto con l’Ilva, Brindisi col Petrolchimico, poi con Cerano, e il capo di Leuca con i rifiuti sotterrati. Sopra il cielo e sotto la terra un inferno che la gente ha scoperto non subito, ma col passare degli anni, con i casi di malattie gravi o croniche, spesso mortali, che hanno colorato le nostre povere cronache facendo del Salento un caso nazionale.
Tutto ciò ha inferto un colpo decisivo alla lucidità critica degli abitanti del posto, spaventati da tutto e attenti ormai a non farsi espropriare nemmeno un albero d’ulivo, se pure improduttivo o rinsecchito.Pensate che sia facile costruire una strada per collegare punti strategici del territorio provinciale? Tutt’altro, anche lì morti e morti, sebbene per altre ragioni, ma realizzare una superstrada a quattro corsie fra Maglie e Leuca è un’avventura infinita dall’esito incerto.
Pensate che sia possibile realizzare un rigassificatore per risparmiare i costi energetici? Tutt’altro, pericoloso o meno, il rischio per il territorio è considerato sempre troppo alto e appare inaccettabile cimentarsi con nuove imprese potenzialmente controproducenti.
E che dire di una centrale a biomasse? Anche qui, idem come sopra. Pericolo ambientale e rischi per la salute, reali o presunti, nessuno è disposto ad accettarli, e infatti non ne sono state costruite.
Infine il gasdotto. Impatta, rovina, distrugge, inquina? Nessuno lo sa dire con certezza, forse no, forse nulla di tutto questo, ma le popolazioni non lo vogliono comunque. Che le facciano a Milano le opere transnazionali e portino benefici a noi del Sud, dice qualcuno, come se il mondo si potesse capovolgere con una protesta democratica.
Oggi, qui da noi è diventato difficile anche costruire un nuovo albergo, un resort, o un centro benessere, al massimo si può recuperare una vecchia fattoria… ia ia ohhh.
Chissà se maiali, caprette e vacche basteranno a produrre vera ricchezza. E se il turismo diventerà mai un settore di punta per l’economia della nostra gente…
Chissà se Mister No ci salverà davvero dai torti subiti.