Il trait d’union tra Gallipoli, New York e Parigi? Un Pittore salentino


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Vive e lavora a Roma da anni ma è originario di Gallipoli, ha 29 anni, è un Pittore e si chiama Dario Carratta. In realtà dirvi che è un Pittore è una soluzione semplicistica e riduttiva per provare a dargli una definizione ma Dario è molto di più. Minuto e dai tratti gentili veste i suoi trent’anni con l’ironia di chi muove le lancette del tempo un po’ come gli pare ed oggi proveremo a conoscerlo meglio.
 
Indagando il Carratta ci si arena in tutti i nodi indistricabili della sua generazione. Nelle opere di questo giovane Artista si vede la periferia alienata delle grandi metropoli ma si sente anche la salsedine della sua città d’origine, incrostata tra gli ingranaggi delle cose che non funzionano e- forse- incastrata in lui. Tutto quello che non si vorrebbe vedere su di un manifesto elettorale diventa rumoroso come la notizia di una tragedia e le tele investono l’osservatore con la violenza dirompente di volti disumanizzati: un esercito senza identità, che si fregia solo del marchio stampato sulle felpe delle sue schiere.
 
Questa è una microscopica parte del mondo distopico che il giovane gallipolino racconta nei suoi lavori e non stupisce davvero che abbia attirato le attenzioni della più attenta ed esigente critica internazionale. Affascinati dalle sue opere abbiamo deciso di intervistarlo.
 
Ciao Dario, come ti sei accorto di essere un’Artista?
Ho sempre disegnato ma è stato solo alle medie che ho iniziato a pormi delle domande su quelle che erano le mie inclinazioni artistiche. Devo molto a quei Professori che hanno visto in me del talento e che mi hanno incoraggiato ad intraprendere degli studi che mi consentissero di coltivarlo. Iniziai a dipingere assiduamente da autodidatta, senza sapere dove questa scelta mi avrebbe portato. Poi, alla fine delle superiori, è stato il momento dell’Accademia a Roma.
 
Perché hai scelto proprio Roma?
Quel periodo è stato complicato per me, ero combattuto tra la voglia di andare lontano e la volontà, forse inconscia, di non allontanarmi troppo. Credo che il centro Italia sia stato il giusto compromesso raggiunto tra me e me medesimo.
 
Hai esposto in molte capitali europee ma pochissime volte nel Salento. Perché?
Semplicemente ci sono state poche occasioni per intrecciare delle collaborazioni ma constato con piacere che in Puglia c’è un bel fermento culturale ed artistico ultimamente.
 
Al Salento manca qualcosa per essere un habitat ospitale per gli artisti?
 Non è che manchi qualcosa, non a livello strutturale o organizzativo almeno. Quello che manca è la ricchezza economica, manca un giro di collezionisti e scarseggiano le gallerie private. Qui al nord, nelle grandi città, per un’artista è più facile lavorare perché ci sono sciami di imprenditori internazionali che dell’arte hanno fatto il loro busisness principale.
 
Tornerai mai?
Non credo che tornerò mai stabilmente a Gallipoli. In realtà non concepisco nemmeno la retorica del “tornare”. Siamo animali e gli animali migrano continuamente in cerca di condizioni migliori, mi piacerebbe vivere un po’ in un luogo e un po’ in un altro.
 
Ti senti un apolide?
Assolutamente no, per quanto ci possiamo muovere il legame con il luogo di nascita resta così come restano i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza. Tutta la mia formazione è stata intrisa della cultura e degli ambienti gallipolini e credo che, alla fine, le mie origini si ritrovino anche nei miei quadri. Gallipoli è una città che in inverno si veste di una strana malinconia. Io abitavo vicino al mare,  in una zona che con l’arrivo dei primi freddi diventava deserta. Ricordo le finestre chiuse delle case disabitate, il tremore viscido dell’umidità sui cartelli Affittasi ed il senso di solitudine che mi trasmettevano questi indizi di vuoto. Ecco, quella solitudine dei luoghi è diventata una parte di me che ritrovo ogni volta che butto sulla tela un po’ di quella ruggine che che mi è rimasta dentro.
 
Questo è un assaggio di Dario Carratta. Se non lo conoscete vi manca un momento importante della vostra vita: scopritelo quanto prima!
 
A cura di ARMENIA COTARDO