Lo sport aiuta a vivere, ma il cuore sano è alla base dello sport


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Da sempre lo sport, considerato elisir di lunga vita o quantomeno utile supporto per una vita sana, è in stretta correlazione con la salute dell’organismo, e solo un organismo sano può affrontare adeguatamente, e senza rischi, lo sforzo sportivo.

Per queste ragioni, e molte altre, la Scuola Arti Orientali Il Sole di Lecce ha voluto promuovere un incontro aperto a tutti dal titolo evocativo “Il rischio cardiovascolare nello sport” con una relazione guidata ed approfondita del dott. Claudio Girasoli dirigente medico di Cardiologia/Unità Terapia Intensiva Coronarica dell’ospedale Vito Fazzi.

Girasoli ha suggerito, attraverso una grammatica chiara e un linguaggio comprensibile a tutti, pazienti sportivi professionisti e dilettanti, fruitori in genere, un ampio ventaglio di situazioni da tenere ben presenti prima e durante l’attività fisica.

Un cuore sano e sotto controllo, spiega Girasoli, non corre rischi, un cuore fuori controllo è ad alto rischio.

Quale rischio? La cosiddetta morte improvvisa, quella che colpisce, in maniera fortunatamente non statisticamente preoccupante, anche gli sportivi di professione, come nei casi noti e piuttosto recenti dei calciatori Astori della Fiorentina e Morosini del Livorno, improvvisamente morti, il primo di notte prima della partita di calcio, il secondo in campo durante la gara.

Ebbene, in entrambi i casi gli esami autoptici hanno portato alla luce disfunzioni o patologie congenite che sfuggono alla semplice diagnostica. Non è sufficiente un semplice elettrocardiogramma insomma. Sebbene l’Italia abbia una legge avanzata che obbliga ad un controllo iniziale dell’idoneità sportiva agonistica tramite un elettrocardiogramma di base e sotto sforzo, la mortalità sotto i 40 anni risulta al 2013 pari a 1000 atleti ogni anno.

Il cardiologo ha poi passato in rassegna tutte le condizioni di rischio, in riferimento ai difetti cardiovascolari, le aritmie, le diverse sindromi ereditarie, le alterazioni asintomatiche, fornendo risposte su vari aspetti, che sul piano tecnico o squisitamente scientifico rimandano ad altra sede. Sul piano giornalistico invece va colta la novità del messaggio, in linea con le attività di prevenzione che puntano su una maggiore conoscenza del vissuto medico dell’individuo/atleta e di una più attenta attività di indagine diagnostica con la possibilità di eseguire un accurato ecocardiogramma o la registrazione delle frequenze cardiache tramite l’holter, uno strumento ormai irrinunciabile.

In conclusione il dott. Girasoli ha ricordato che pazienti con disturbi cardiaci principalmente strutturali o aritmogeni devono astenersi da attività sportiva agonistica o ad alta intensità, ma che comunque esercitare un’attività fisica è importantissimo, lo sport è vita, ma va fatto con consapevolezza e senso della misura.