“Cambiare il sistema e non il clima non è per noi uno slogan. Cambiare il sistema vuol dire non analizzare la questione ecologica come questione settoriale, ma riconoscere le forti connessioni che esistono con le lotte transfemministe, antirazziste e sociali legate ai temi del lavoro, della sanità e dell’istruzione”. È condensata nel report conclusivo della seconda assemblea nazionale la posizione dei Fridays For Future, un movimento sempre più interconnesso con l’antifascismo, l’antirazzismo, il femminismo, le lotte sociali e la tutela di studenti e lavoratori.
Stop the planet
L’appello parte da Napoli, dove gli attivisti lanciano il quarto sciopero globale previsto per il 29 novembre sotto lo slogan “stop the planet”.
L’assemblea plenaria, tenutasi nel capoluogo campano negli scorsi giorni, è la rappresentazione plastica di una compagine in crescita e in continua evoluzione. Ottanta assemblee locali, cinquecento ragazzi dai 15 ai 30 anni, studenti e lavoratori, discutono insieme le strategie per rilanciare la lotta per la giustizia climatica.
Una battaglia “contro gli attuali potenti della terra, contro le multinazionali e contro chi detiene il potere economico e politico” da affrontare con azioni di contrasto pacifiche, nel solco della disobbedienza civile eretta ad arma per il perseguimento degli obiettivi concordati nella riunione.
Dopo l’occupazione del red carpet a Venezia e il blocco dell’ingresso dell’ex raffineria, oggi deposito di carburante Q8 di San Giovanni a Teduccio alla periferia est di Napoli alla vigilia dell’assemblea, i FFF annunciano nuove mobilitazioni in occasione della Cop Mediterranea (Conferenza delle parti della Convenzione Onu sul climate change), l’incontro interministeriale sul tema dei cambiamenti climatici dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
“La disobbedienza riflette l’urgenza dell’intervento sui cambiamenti climatici che traspare in ogni nostro discorso e che ora vogliamo tradurre in una pratica di mobilitazione – afferma Raniero Madonna, attivista di Fridays For Future Napoli. A fronte di una necessità a parole condivisa dalle istituzioni non vediamo una risposta effettiva, dunque restiamo un movimento pacifico, ma siamo disposti a bloccare gli impianti inquinanti, le emissioni climalteranti e le aziende che ci lucrano, anche con il corpo”.
L’intersezionalità diventa la prospettiva entro cui collocare le rivendicazioni, non più solo climatiche, ma snodate in una critica al “nostro sistema patriarcale, sessista, razzista, colonialista, machista e basato sulla logica dell’accumulazione e del profitto” che tesse l’ordito di un collettivo unito dalla volontà di soverchiare l’intero sistema.

“I cambiamenti climatici sono il sintomo di una malattia connessa ai meccanismi di subalternità dell’ambiente sull’uomo e della donna sull’uomo. È un sistema che si sviluppa attraverso delle ingiustizie. Non si può trovare una soluzione al suo interno, ma occorre ribaltarlo a 360°. Più chiaro di così è difficile: siamo un movimento che ha tra gli obiettivi quello di ribaltare il sistema di sfruttamento delle risorse naturali e dell’uomo sull’uomo. Questo sistema è chiamato capitalismo, quindi siamo un movimento anticapitalista”, spiega sempre Raniero Madonna.
Più cauta nella scelta della terminologia, ma non meno legata a una visione prospettica eterogenea appare Alessandra Roselli, portavoce dei FFF Lecce. “Siamo riusciti a convogliare le forze più politicizzate in un movimento composito, non solo ecologista, ma anche antisistema. Abbiamo discusso a lungo in assemblea e non tutti sono d’accordo nel proclamarsi anticapitalisti. Ma non possiamo negare che la battaglia di Greta, la nostra battaglia, non è solo una lotta contro i cambiamenti climatici, ma contro chi ne è la causa: le multinazionali, i governi che attuano misure dannose per l’ambiente e le misure antropiche”.
Nessuno spazio per compromessi con la politica o contrattazioni, ma richieste trasversali che alla decarbonizzazione entro il 2015 e allo stop ai sussidi ai combustibili fossili, aggiungono emissioni zero entro il 2030, la dichiarazione dell’emergenza climatica ed ecologica nazionale, una tassazione sui profitti della produzione, la rivendicazione della sovranità delle assemblee locali correlata al ripudio del fascismo in quanto ideologia antidemocratica e la dismissione di ogni impianto inquinante operativo come l’Ilva. Rocciosi nella vicinanza ai movimenti contrari alle grandi opere: i No Tav in Val di Susa, No Tap a Lecce, No grandi navi a Venezia; perentori nella richiesta di un cambio di rotta sostanziale dell’istruzione e del mondo della ricerca, in parte già attuato con un’aggregazione partita dal basso e confluita nella scuola per climate striker, che a Napoli ha coinvolto attivisti e professori universitari nella realizzazione di workshop formativi. “I saperi accademici sono immediatamente necessari ai bisogni di questo modello di sviluppo. Confrontare le conoscenze per sviluppare un’alternativa a questo mondo, invece, è stata una grande soddisfazione, con oltre duecento ragazzi disposti a saltare qualche giorno di scuola per partecipare agli incontri formativi”.
E proprio la decisione di assentarsi dalle lezioni per altre attività ha acuito il “conflitto generazionale” già in occasione delle mobilitazioni studentesche, salutate da Carlo Cottarelli come legittime ma incoerenti, perché “i ragazzi sarebbero stati più credibili se avessero manifestato di domenica, non perdendo ore di scuola ed evitando il maggiore inquinamento per il traffico creato”.
Ma alle polemiche sui “gretini” gli attivisti rispondono riconoscendo da un lato l’egocentrismo dei padri e dall’altro il precedente tentativo di sparuti gruppi di combattere i cambiamenti climatici, andando incontro a un fallimento testimoniato dall’imposizione dell’attuale modello economico.
“Non vedo un conflitto con chi ha lottato prima di noi – conclude Madonna dei Fridays Napoli – ma è chiaro che nessuno dei nostri predecessori è riuscito a raggiungere i risultati auspicati. Se ce la faremo? Certo, se pensassimo di uscire sconfitti non lotteremmo neppure”.