“Questo Paese non vuole andare avanti”, “siamo in situazioni di abbandono”, “le infrastrutture sono inadeguate e rimaste all’età della pietra”, questi i commenti che si sono consumati tra i più nelle ore dopo la tragedia, quella tragedia immane che ha ferito nel profondo la Puglia e i pugliesi tutti, senza campanilismi di sorta.
Ed ora la colpa è di chi governa, di chi pensa alla poltrona e non si rimbocca le maniche per il reale sviluppo dei territori, di chi non intercetta i finanziamenti e se pure li intercetta non sblocca i cantieri. Sarà anche vero, ma non è così facile. Se la Procura cerca il responsabile materiale della trage, l’opinione pubblica cerca il responsabile ideale, quello a cui attribuire sempre ogni forma di disastro.
Ma non è così, cari miei, e il Sud, così come l’intero Paese, non ci sta a passare per un Paese del terzo mondo. Lo dicono a chiare lettere coloro che su quella tratta hanno viaggiato, e non una volta sola.
“Quella rete ferroviaria non è e non funziona come la stanno descrivendo in tv. Stanno dicendo cose non vere” sono le parole di una cittadina di Ruvo di Puglia, parole di rabbia che emergono dai tanti commenti che si stanno consumando sul terribile incidente in cui ad oggi hanno perso la vita 27 persone. “Quella rete ferroviaria esiste da una vita e non è mai successo nulla. È stata ammodernata, vagoni nuovi e confortevoli, sempre funzionato bene. Era il nostro fiore all'occhiello. Una realtà che altrove in Puglia se la sognano, e che il Nord poteva solo invidiarci – prosegue la donna pugliese – Oggi è successa una tragedia. Non ora, non oggi. Quella tragedia ferisce la nostra identità collettiva, la nostra memoria storica, oltre a farci vivere l'impotenza di fronte alla morte. Le parole a sproposito di chi non ci è mai salito, di chi fino a stamane nemmeno la conosceva, di chi non sa che era il mezzo sicuro per i giovani, gli studenti, i fidanzatini, i professionisti, tutti i loro sproloqui ci urtano e ci feriscono”. Sì, proprio così: urtano e feriscono le parole. Condividiamo la riflessione. “La morte merita rispetto e silenzio – scrive ancora Luana -ma ormai dovunque è corsa all'audience e ai Like. Il rispetto, l'onestà intellettuale, la ricerca e il senso civico di informarsi prima di parlare: perché non s'accorgono di star infangando le vittime e i loro parenti col loro disprezzo gratuito? L'ignoranza non ha limite. Purtroppo abbonda anche l'ignoranza emotiva”.
E’ la rabbia che viene dopo il dolore, che accompagna quello stato di impotenza di fronte a simili eventi.
Adesso tutti attaccano il binario unico, quel famigerato binario che correva tra gli ulivi secolari. Eppure, ieri i media più seri e accreditati hanno "svelato" che circa il 60% delle tratte in Italia è a binario unico. Insomma, oltre 12mila chilometri su 19mila di strada ferrata è a unica via, un dato che arriva all'80% sulle tratte regionali in concessione. Cosa vogliamo dire, allora? In Italia risultano inadeguati i 2/3 della rete? Sarà anche vero. La rete italiana di Rfi (Ferrovie dello Stato) conta 7.563 km a doppio binario e 9.161 a binario semplice. Le Ferrovie che insistono a Nord di Bari sono gestite da un'azienda privata che ha alle spalle 80 anni di storia e una rete di 70 chilometri. I lavori previsti per il raddoppio del tratto dove si è consumata la tragedia pare siano ancora bloccati. E' vero. Ma gli utenti, tanti, parlano chiaro. Su quei vagoni ci sentivamo sicuri.
Ora è il tempo delle lacrime, ora è il tempo del silenzio, quello in cui deve operare la Magistratura per dare risposte alle domande. Il dolore, però, rimarrà sempre lì, lancinante, che nessuna risposta potrà mai sopire.