In caso di clonazione delle carte di credito a risponderne è la banca se non ha messo in piedi tutti gli strumenti per evitarlo. Ma c’è di più. Non basta un mero ritardo nel pagamento del debito perché un cittadino sia definito un “cattivo pagatore”. Un doppio principio fondamentale – quello contenuto nella sentenza n.1302 – col quale l’11 marzo scorso il Tribunale di Lecce ha riconosciuto la civile responsabilità di un istituto di credito in una vicenda avente ad oggetto, appunto, la clonazione di una carta di credito cosiddetta “revolving” (compresa la conseguente segnalazione del nominativo del correntista nei “Registri cattivi pagatori”).
I FATTI – Il provvedimento, a firma del giudice onorario Angelo Rizzo, riguarda il caso di un impiegato salentino 60enne che, nel giugno 2010, si vide scalare dal proprio conto 1.570 euro, tramite sei prelievi di denaro contante effettuati in diverse città del nord Italia (Siena, Firenze e Modena). E ciò pur non essendosi mai spostato dalla provincia di Lecce. Per questo, ha subito chiesto all’istituto di credito di cui era cliente il blocco della carta, disconoscendo tutti quei prelievi e sporgendo denuncia contro ignoti. Oltre al danno, però, c’è stata la beffa: la banca gli ha richiesto il pagamento di tutti gli importi segnalando anche il suo nominativo, nonostante numerose diffide, nella categoria dei crediti in sofferenza presso i Sistemi di Informazioni Creditizie. Di conseguenza, all’impiegato è stato impedito di accedere concretamente ad ogni forma di credito.
LA SENTENZA – Il Tribunale di Lecce, però, ha dato ragione al legale difensore del salentino, l’avvocato Raffaele Colluto, dichiarando illegittima la condotta della banca. La motivazione? Semplice: come si legge nella sentenza, ha “escluso, perentoriamente ed immotivatamente la possibile clonazione della carta di credito, forse dimenticando che la clonazione è un fenomeno diffuso e praticamente inarrestabile realizzato con mezzi sofisticatissimi da bande di criminali che scorrazzano in tutta Italia, depredando gli incolpevoli correntisti…”. Inoltre, secondo il Tribunale, è da ritenere illegittima anche la segnalazione negativa del nominativo del cliente nei “Registri dei cattivi pagatori”. Alla vittima, dunque, oltre al rimborso di tutte le spese e competenze legali, è stato riconosciuto un risarcimento danni di 3mila euro, sia per il discredito subito alla sua onorabilità sia per la sua estromissione dal mercato del credito.
“La sentenza è di notevole rilevanza – spiega l’avvocato Raffaele Colluto nella nota stampa pervenutaci in redazione – in quanto sancisce nei rapporti commerciali tra istituti di credito e consumatori due principi giuridici fondamentali. Innanzitutto, secondo il Tribunale di Lecce, quando un cliente denuncia la clonazione della propria carta di credito con la quale sono stati effettuati prelievi non autorizzati sul proprio conto, l’istituto di credito deve provare di aver adottato tutte le misure idonee offerte dalla tecnica al fine di evitare il danno lamentato, altrimenti sarà esso stesso tenuto a rispondere di tutti i rischi tipici della sua sfera professionale”.
“Altro principio fondamentale – prosegue il legale salentino – è che ogni segnalazione negativa nei “Registri dei cattivi pagatori” (che impedisce poi di ottenere qualunque prestito e/o finanziamento) non può più avvenire da parte della Banca in maniera superficiale e disinvolta, come purtroppo spesso accade nella pratica, ma deve essere supportata da adeguata indagine conoscitiva circa la complessiva situazione finanziaria del cliente e non può quindi scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal voluto inadempimento”.
“Anzi – conclude – deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza”.