Aveva ragione (come sempre) papa Benedetto XVI quando affermava che dinanzi a noi c’era un rischio grande da scongiurare, quello del relativismo culturale e religioso. Me ne accorgo sempre di più, con gli anni che passano e pian piano che le festività natalizie si avvicinano. Aveva ragione su tutta la linea il grande papa e, infatti, ci stiamo giocando anche il Natale.
Sono atterrito, mi capita di ascoltare alcuni brani musicali che sono stati colonne sonore delle recite di fine anno che mia figlia ha interpretato con i suoi compagni a scuola, e che allo stesso modo sarà costretta a seguire l’altra figlia più piccola, sia chiaro che si tratta di belle, bellissime canzoni di Natale, ma del tutto prive del protagonista. C’è qualsiasi cosa, i buoni contenuti non mancano, la pace, la tolleranza, l’altruismo, la solidarietà, l’intero corredo di cose belle e buone che fanno sentire l’uomo migliore e che rendono tutto uguale, relativo insomma.
Cose buone e giuste ma che non parlano della festa cristiana, che nulla hanno a che vedere con la fede alla quale sono stato educato e che ha scandito le tappe principali della mia esistenza e i tempi del calendario, un calendario cristiano.
Il Natale è diventata una festa oscena, cioè fuori dalla scena, fuori posto. Una festa come un’altra, una qualsiasi festa civile o pagana non potrebbe avere contorni peggiori di questa. Non manca nulla, ci sono le luci, gli addobbi, le leccornie, le specialità gastronomiche, i regali, le stelle e le stelline. Tutto fa allegria e pretende di fare anche poesia, manca però la cosa più importante, anzi l’unica che conta: la verità.
No, la verità non si può pronunciare, perché rischia di essere irrispettosa e violenta, la verità non è tollerante, tiene conto solo di se stessa, non ammette altre vie per arrivarci. Invece, qui da noi, le vie di cui tener conto sono tante, troppe e portano dappertutto, ovunque, tranne che alla capanna di Betlemme.
Il Natale non è più una festa cristiana, è una festa, punto. Una grande, luminosa, divertente festa, ma non può essere troppo cristiana. Non può esserlo perché la multiculturalità non consente di fare spazio al Dio cristiano, e così sparisce il presepe e spariscono perfino i riferimenti essenziali a Gesù Bambino, come avviene in tutta la produzione canora che fa da cornice musicale alle recite scolastiche di Natale.
Fra qualche anno, non manca molto ormai, nessuno saprà riconoscere la festa cristiana, nessuno riconoscerà la sua funzione di pilastro nel piano di salvezza divino. Tra il Natale e il Carnevale la differenza sarà solo nel travestimento di Santa Claus e in quello di Arlecchino, e nei colori che distingueranno le due mascherate.
Basta così, il Natale è la festa della famiglia, la festa dell’amore, la festa dei bambini sento dire, è la festa di tutto e di tutti, ma non il progetto di Dio nella storia dell’uomo. Un progetto che non ci sta più, non può starci, non c’è più spazio per quello. A scuola si fa vacanza per giorni e giorni e nessuno sa il perché.
Siamo ancora in tempo per ritrovare la strada di casa? Non lo so, ci vorrebbe davvero una stella cometa ad illuminare il cammino. Come diceva quel grande papa, Benedetto di nome e di fatto.