Messa alla prova e lavori di pubblica utilità: modi ‘alternativi’ di scontare la pena. Firmato il protocollo d’intesa


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Il patrocinio a spese dello Stato nei giudizi penali di primo grado, la messa alla prova e il lavoro di pubblica utilità e il legittimo impedimento. Sono i tre protocolli firmati, questa mattina, dall’Ordine degli avvocati di Lecce con il presidente la Corte d’Appello Roberto Tanisi. Tra i firmatari, anche il procuratore generale Antonio Maruccia, i presidenti dell’Anm distrettuale (Associazione nazionale magistrati) Maurizio Saso, del Tribunale di Lecce (facente funzioni) Piera Portaluri, del Tribunale di Brindisi Alfonso Pappalardo, dell’Ordine degli avvocati di Brindisi Carlo Panzuti, della Camera penale di Lecce Francesco Vergine e il vice presidente della Camera penale di Brindisi Giampiero Iaia.

La messa alla prova

Possono beneficiarne gli imputati in un procedimento per i reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del c.p.p.. Il giudice dovrà valutare anche se l’imputato si “asterrà dal commettere ulteriori reati” tenuto conto della sua personalità e delle altre informazioni a disposizione come ad esempio eventuali dichiarazioni spontanee. In soldoni, la messa alla prova offre la possibilità a chi ha commesso un reato di estinguerlo completamente senza andare in carcere e mantenendo la fedina penale pulita, scegliendo una sorta di un percorso di riabilitazione.

Il lavoro di pubblica utilità

Prevede la possibilità di sostituire la pena con un lavoro di pubblica utilità. Un modo per permettere al condannato di rimediare al torto fatto alla società con il suo comportamento, restituendo un po’ del maltolto con qualcosa di utile, appunto, al contesto in cui vive. Chi ha violato il codice della strada, ad esempio, potrà lavorare – in maniera non retribuita e non più di sei ore a settimana da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di studio, di famiglie e di salute del condannato – con un ente che ha stipulato la convenzione con il Tribunale di viale De Pietro, restando nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale. Potrà anche fare assistenza o volontariato, servizi di protezione civile, tutela del patrimonio ambientale e culturale, della flora e della fauna, manutenzione e decoro del patrimonio pubblico o altre mansioni pertinenti alla sua ‘professionalità’.

Se lo richiede, il giudice può ammettere il condannato a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali, ma la durata giornaliera della prestazione non può oltrepassare le sei ore.